Continua il dibattito sulla Centrale a carbone di Saline. Oggi pubblichiamo una riflessione di Rita Spanò, ex docente del liceo classico “Campanella”. Ha ripreso vigore in questi giorni il dibattito sulla Centrale a Saline , anche attraverso la costituzione di comitati che già nel nome dichiarano la volontà di vedere “chiaro” e “trasparente” in una vicenda che si trascina da più di un anno, da quando, cioè, una società svizzera, la SEI, dichiarò l’intenzione di impiantare nel vicino centro ionico una centrale elettrica a carbone. Nell’immaginario collettivo locale Saline, con le sue superstiti arrugginite ciminiere della Liquichimica, è assurta a simbolo di un passato di scelte politiche strumentali e funeste che provocarono scempio del territorio, calpestando anche i sogni di chi si vide spogliato della dignità di lavoratore per diventare cassintegrato a vita. Con il passare degli anni Saline ha visto, intanto, le sue splendide coste invase da colate di cemento che sono servite per un turismo stagionale e locale che poco o nulla ha avuto di sviluppo turistico. Non si è sottratta al degrado ambientale, comune purtroppo a realtà a noi vicine, che fanno sì che un cassonetto dei rifiuti diventi punto di riferimento e conferimento per materiali di risulta, copertoni, rifiuti ingombranti. Un anno addietro le venne prospettata la possibilità di diventare sede di una Centrale elettrica a carbone con la promessa di un numero rilevante di posti di lavoro nella fase di realizzazione e di attività. Prima ancora che si conoscessero le caratteristiche delle nuove centrali, operative nei Paesi scandinavi da un decennio, si agitò, con toni simili a quelli che furono dell’opposizione alle centrali elettriche nucleari, lo spettro dell’inquinamento di una zona a “vocazione turistica”, si raccolsero firme tra la popolazione locale per dire un deciso “no” alla Centrale. Nella questione intervennero Provincia e Regione per promettere il finanziamento di iniziative alternative che dovrebbero, taumaturgicamente, compensare un disinteresse pluridecennale. Col passare dei mesi si fa strada sulla stampa locale l’opinione di chi vede nella centrale una irripetibile occasione di occupazione a breve e a lungo termine . Negli ultimi giorni, nell’imminenza di decisioni “romane”, con la costituzione di nuovi comitati a Motta e a Saline, il dibattito si riaccende lasciando nel cittadino comune un dubbio: hanno ragione gli “esperti” che prospettano l’inquinamento ambientale e la distruzione di fauna terrestre e marittima o gli “esperti” che prevedono sviluppo occupazionale, progresso sociale e riqualificazione ambientale? Come comune cittadina (un po’ paesana per essere nata a Motta) mi sento smarrita perché la storia di questo Paese ci ha insegnato ad essere sempre diffidenti. Mi sento come i contadini di Seminara nella recente fiction “Artemisia Sanchez” ispirata al romanzo storico del dott. Santo Giuffré, assessore alla Provincia: non capivano se convenisse continuare a raccogliere le olive da terra per produrre scadente olio da lampada destinato alle esportazioni o passare a raccoglierle con le scale per produrre olio di qualità introducendo i tappeti alla francese. La ricerca storica scrupolosamente condotta da Giuffrè ci ha fatto capire che a fine Settecento nell’allora ricca e splendida Seminara si scontravano occultamente sulla pelle dei poveracci, ignoranti e strumentalizzati, interessi di principi, signori e gerarchie. Due secoli e più sembrano passati invano dalle nostre parti. Eppure “Historia docet”, la storia insegna o ,meglio, potrebbe insegnare, ma solo che la si voglia ascoltare. Quando le decisioni importanti saranno prese, come da dovere istituzionale, da forze politiche responsabili e interessate solo al bene comune e che non abbiano bisogno di Comitati che chiedano trasparenza e chiarezza? P.S. Un consiglio a tutti : parlare più cautamente di “vocazione turistica” dei nostri territori per non essere colti di sorpresa da eventuali risultati di indagini in corso di Procuratori che si dichiarano convinti, sulla stampa locale e nazionale, che sui fondali dei nostri mari giacciono rifiuti tossici dannosi per la salute e l’ambiente. Sin qui la professoressa Spanò che sponsorizza la centrale usando toni culturali e civili. Torna alla carica invece con toni aggressivi al limite dell’insulto (“santoni di ogni risma”, “cecità”, “vergognosa propaganda verdastra”) Giovanni Alvaro, ex comunista ed ex sindacalista della Cgl e attuale esponente regionale del Nuovo Psi che è schierato per il “sì” alla centrale. In questa sua riflessione sostiene che «la centrale è un’occasione anche contro la recessione», in sintonia con «l’approvazione del pacchetto anticrisi varato dal governo Berlusconi». Per Alvaro «è sconcertante che si rifiuti un investimento privato di 1 miliardo e 300 milioni di euro per la costruzione della centrale a carbone in quel di Saline Joniche. Tale rifiuto non è espresso solo dalle normali e tradizionali vestali del “no” che, a prescindere, sono sempre contro, ma esso è espresso dalla Giunta regionale Loiero che così facendo condanna una delle zone più degradate della Calabria a mantenere il proprio sottosviluppo e continuare con la propria endemica miseria». Per Alvaro la centrale non è inquinante: «Si tratta – dice – di utilizzare il modernissimo sistema produttivo dell’energia dal carbone che viene impiegato in Giappone».
Dalla Gazzetta del Sud del 22 gennaio 2009
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