Cromo, fiori mutanti e operai morti
«Rovinati dalla fabbrica dei veleni»
Tezze, il sindaco apre lo stabilimento e lancia un grido d’allarme: «Falda compromessa, servono venti milioni per la bonifica»
TEZZE SUL BRENTA (Vicenza) — Se esistesse un dio dell’acqua, maledirebbe questo posto per l’eternità. Un capannone scheletrico e spettrale, cresciuto nel cuore del Veneto come una metastasi silenziosa, che galleggia sopra un inquietante mare color giallo: il giallo del cromo esavalente, che impregna a quintali il terreno sottostante la fabbrica abbandonata e avvelena la falda, penetrando fino a 25 metri di profondità. Era un’azienda galvanica, si chiamava prima Tricom e poi Pm. Raccontano che quando era in attività (dal 1973 al 2002) fosse una specie di inferno in terra: dentro, rumori incessanti e fumi mefitici che si alzavano dalle grandi vasche di lavorazione dei metalli, in funzione ventiquattr’ore su ventiquattro; fuori, nei giardini delle case circostanti, margherite mutanti che fiorivano in forme spaventose a causa – lo si accerterà poi – dei veleni filtrati nel terreno.
Oggi il capannone – manco a dirlo, coperto da un tetto in eternit – è un monumento cadente allo sviluppo economico, a volte sconsiderato e persino delittuoso, che in alcuni casi ha contraddistinto la tumultuosa crescita del Veneto. È un bubbone, questa fabbrica dismessa, che ora è in carico al Comune di Tezze sul Brenta. Il nuovo sindaco leghista del paese, Valerio Lago, se l’è ritrovato in portafoglio come un’eredità nociva: ogni anno se ne vanno dai 200 ai 400 mila euro soltanto per tamponare il danno e far funzionare la barriera idraulica installata nel sottosuolo dell’ex galvanica, che aspira a ciclo continuo l’acqua di falda e la depura dalle enormi concentrazioni di cloro esavalente. Ma per un intervento di radicale bonifica, che prima o poi si dovrà pur fare, serviranno almeno 20 milioni di euro. «Io tutti questi soldi non li ho – allarga le braccia il sindaco -, neppure per fronteggiare l’emergenza quotidiana ». Esasperato, Lago ha fatto un gesto eclatante: ieri ha aperto per la prima volta la fabbrica dei veleni ai giornalisti e alle telecamere, invitando la commissione provinciale per l’Ambiente a riunirsi tra le pareti smangiate dal cromo giallo del capannone. E, prima di entrare con tutta la comitiva dentro questo santuario del cattivo lavoro, ha riaperto l’altra insanabile ferita inferta dalla galvanica alla comunità di Tezze: «Quando sono entrato per la prima volta – ha ricordato il sindaco – mi sono venuti i brividi. Perché qui dentro sono morte tante persone che lavoravano alle vasche, uccise da quello che hanno respirato».
In paese lo sapevano tutti: «Ti è venuto il tumore ai polmoni? Allora lavoravi alla galvanica ». Almeno quattordici decessi, senza contare gli ex operai ammalati e ancora viventi. Stabilire un nesso di causa diretto tra le morti e le esalazioni da cromo, nichel, acidi e cianuri assortiti della fabbrica, è compito assai problematico. Talmente problematico che la Procura di Bassano, che ha indagato per omicidio colposo i legali rappresentanti di Tricom e Galvanica Pm Paolo e Adriano Zampierin, Adriano Sgarbossa e Rocco Battistella, ha già chiesto per due volte l’archiviazione del caso. Vedendosela però respingere dal gip, che ha ordinato al pubblico ministero di incaricare un nuovo perito medico-legale per rifare le analisi. Sostiene Mara Bizzotto, europarlamentare della Lega che vive a Tezze sul Brenta: «È vero, erano altri anni rispetto a oggi, ma su questa vicenda ci sono stati troppi silenzi, degli imprenditori e delle istituzioni. I figli e le famiglie degli operai deceduti si meritano almeno un processo che accerti le responsabilità». Silvio Bonan è uno di loro. Suo padre ha lavorato alla galvanica per 22 anni e se n’è andato per un tumore ai polmoni: «Prima di intaccare la falda acquifera – racconta – il cromo e gli altri veleni avevano intaccato l’organismo degli operai, che lavoravano qui dentro senza alcuna tutela. Tutti quelli che stavano alle vasche avevano, come minimo, il setto nasale perforato dalle esalazioni. Mi batto da 9 anni per avere giustizia – aggiunge amaro – , ma la Procura di Bassano mi sembra allergica al cromo ». Alessandro Bizzotto, responsabile dell’Arpav di Bassano, si occupa dell’immane lotta per depurare l’acqua contaminata: «Il cromo esavalente – spiega – è riconosciuto come sostanza cancerogena, oltre i 50 microgrammi per litro l’acqua non è potabile. Quest’estate, quando la falda si è alzata, sono stati rilevati anche 22 mila microgrammi/litro. Senza un intervento di bonifica radicale, qui dovremmo andare avanti a depurare l’acqua per decenni ».
C’è un’altra storia nella storia, all’ombra della galvanica. L’ex titolare Paolo Zampierin, condannato a 2 anni e 6 mesi (cancellati dell’indulto) per avvelenamento colposo di acque, vive nella frazione di Stroppari, a due passi dalla fabbrica. Rocco Battistella, indagato a Bassano, è stato a lungo sindaco di Tezze e, contemporaneamente, impiegato direttivo nell’azienda dei veleni. Presunti inquinatori e sicuri inquinati vivono fianco a fianco, da sempre, in uno strano rapporto che mescola antica gratitudine per il posto di lavoro e malcelati rancori per le conseguenze sulla salute delle persone. Anche questo è il Veneto.
Alessandro Zuin
24 settembre 2009
corriere.it
SaluteTezze.Splinder.Com per l’approfondimento che non è stato fatto per le morti su quella fabbrica e su come la procura di Bassano sia stata “ostacolata” per ben 2 volte, dal nostro comitato, nel tentativo di archiviazione del processo che dovrà partire per fare chiarezza sulle morti da Tumore all’interno della fabbrica!