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Stretto di Messina-foto di Peppe Caridi

Ho trovato tra le mie carte quest’articolo pubblicato da Il Quotidiano sabato 27 settembre 2003  nel quale  Michelangelo Cimino proponeva una riflessione

sul pensiero meridiano di Franco Cassano, sociologo, docente universitario.

L’idea dell’autonomia del pensiero meridionale, elaborata  con un percorso sofferto da un intellettuale impegnato come Cassano è particolarmente affascinante e coincide con le mie convinzioni come cittadina del Mediterraneo.

Pubblico l’articolo perchè ritengo le idee di Cassano particolarmente attuali e  dovrebbero essere oggetto di studio per i responsabili della nostra res publica.

Una volta di più occorre registrare l’impossibilità di un discorso compiuto sul presente, se non si parte dalla data-simbolo dell’ottantanove. La caduta del muro di Berlino, sostiene Franco Cassano, non ha “segnato la vittoria della libertà sul totalitarismo e del libero mercato sull’economia pianificata”. Questa è, semmai, una interpretazione a uso e consumo dei vincitori della guerra fredda. “L’Ottantanove rappresenta, invece, una mutilazione della tradizione occidentale, suddivisa in polo della libertà e dell’uguaglianza. Il crollo del comunismo segna la caduta del valore di uguaglianza a favore di quello della libertà, che tende all’esaltazione del libero mercato e al ridimensionamento del welfare”.

Pochi ‘eletti’ narcisi non bastano a sconfiggere il cinismo del Grande Inquisitore

Franco Cassano

Una impostazione di fondo che trova d’accordo Alain de Benoist : ” L’affermarsi del monoteismo del libero mercato, del dio unico che dispensa una unica verità”  è un portato della disintegrazione del sistema sovietico”.
Per entrambi i filosofi, dunque, l’oggi risulta legato a filo doppio all’Ottantanove, data che segna la fine della modernità e l’accesso nell’era del post-moderno.

Il punto centrale del discorso di Cassano consiste in una idea di Europa che riesca a porre un freno al fondamentalismo del mercato diffusosi in Occidente dopo la caduta del Muro. Un’Europa, insomma, votata alla mediazione, ” al recupero della dialettica tra libertà, protezione ed uguaglianza; che abbia memoria del fatto che il welfare è stata una invenzione in cui libertà ed uguaglianza hanno convissuto per decenni”.

Perchè l’Europa possa attendere a questo compito epocale, è necessario che ” smetta di gravitare intorno all’Ovest” e instauri un nuovo rapporto con il Sud.

Innanzitutto, abbandonando una volta per tutte l’idea che esso non è ancora l’Ovest. ” il Mediterraneo- dice Cassano- è luogo d’incontro fra un tempo non ancora colonizzato dall’economia e un’idea antica di convivenza e socialità. Chi vive sul confine è irriducibile all’integralismo perchè si incontra sempre con l’altro”.

Stretto di Messina-foto di Peppe Caridi

Il Mare Nostrum, però, è anche il centro di una idea del divino complessa e ambigua, che accanto a Javeh, il Dio di Abramo, pone il culto neo-pagano del dio Vulcano. E’ la tesi, invero affascinante, del filosofo Bruno Pinchard, secondo il quale se vogliamo avere una vera cultura mediterranea dobbiamo essere capaci di unire Javeh e Vulcano. Vale a dire un’idea del divino che proviene dalla cultura illuministica e un’altra che, invece, risale ai culti misterici precristiani.

Per Alain de Benoist una delle ricadute negative che il capitalismo globalizzato provoca sulla vita dei singoli e “la mercantilizzazione dei comportamenti”. Naturalmente non c’è campo che si salvi dagli sconvolgimenti provocati dalla globalizzazione : la politica, ormai ridotta ad espertocrazia, e non più a ricerca del bene comune; e soprattutto la società, divenuta un concentrato invisibile di rischi. E il rischio è diverso dal pericolo, che è minaccia concreta e visibile. Esso, il rischio, invece, è qualcosa di esteso, immanente, inafferrabile, non localizzabile. La trasmissione virale è l’immagine che meglio rende l’inafferrabilità del rischio. Ora, siccome essere contro la globalizzazione è come essere contro l’automobile, occorre reagire con giudizio.

Un primo passo potrebbe essere quello di procedere contro il globale, l’infinitamente grande, e tornare al locale, alle città, alle piccole comunità. In questo processo di  riacquisizione dello spazio locale, potrebbe entrare in gioco il ruolo di una Europa, che di fronte al tentativo degli USA di instaurare un mondo unipolare, richiami l’attenzione sulla ricchezza di un mondo multipolare, in cui gli individui possano essere valorizzati nelle loro specificità.

In questo contesto il Mediterraneo ha un ruolo centrale, porta già nel nome l’idea di mediazione e dovrebbe essere un luogo dove sperimentare una pace giusta : e non solo una pace come assenza di armi, ma una pace come incontro. Tutti i popoli del Mediterraneo si conoscono, hanno una storia in cui ogni costa è stata attraversata dagli altri, ha conosciuto sbarchi… Ecco: occorre riuscire a costruire in questi luoghi una grande stagione di pace, in modo tale che l’Europa divenga protagonista attiva di questo processo.

C’è da considerare il fatto che molte divisioni  non sono divisioni tra i popoli, ma derivano da interessi geopolitici, tante volte esterni all’area. Per cui, le linee di divisione nascono dal fatto che il baricentro non è più l’Europa.

Esistono, dunque, tante dimensioni comuni ai popoli mediterranei  e tanti elementi di differenza. Si potrebbe dire che il monoteismo unisce, ma è vero soltanto in parte, tenedo presente che nel mediterraneo sono concentrate le tre grandi religioni monoteistiche, la cristiana, l’islamica e l’ebraica.

Alla luce di queste riflessioni possiamo concludere che il Mediterraneo oggi può rappresentare un progetto attraverso il quale si vuole dare all’Europa la chance di giocare la carta di un’altra idea di Occidente, lontana dalla deriva fondamentalista dell’Occidente e, quindi, più capace di lottare contro il fondamentalismo religioso. E, ultimo passaggio, più capace di costruire una unità del Mediterraneo, in cui le diversità non siano abolite, ma si siano abituate a convivere e a scambiare la ricchezza di doni simbolici e culturali che ognuna di esse possiede.

Per Franco Cassano, dunque :

“… pensiero meridiano non vuol dire apologia del sud,
di un’antica terra assolata ed orientale,
non è la riscoperta di una tradizione
da ripristinare nella sua integrità.

Pensiero meridiano
è quel pensiero che si inizia a sentir dentro
laddove inizia il mare,
quando la riva interrompe gli integrismi della terra
(in primis quello dell’economia e dello sviluppo),
quando si scopre che il confine
non è un luogo dove il mondo finisce,
ma quello dove i diversi si toccano
e la partita del rapporto con l’altro
diventa difficile e vera.” 

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