Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘terroni di pino aprile’

come dire

secedere per vivere

Il Sud non ha più memoria…come si può chiederla al Nord? PDF Stampa E-mail
Domenica 11 Luglio 2010 17:44
calabria2

alcuni post correlati in questo stesso blog :

Io non ne posso più

Terroni: gli abitanti dell’Italia quella vera

Caro il mio Garibaldi

La lezione meridionalista di Roberto Castelli

Sono calabrese fuori dal coro

Colombo e la coca : devo chiedere scusa al Paese

Nessuno sta dalla parte di Rosarno


di Josephine Condemi – Angelo Panebianco è professore al’Università di Bologna, ha fatto un sacco di ricerca in America, etc. etc.

Scrive qualche editoriale sul “Corriere”. Ieri ho avuto occasione di leggerne uno, “Le tante bugie tra

Nord e Sud”, occhiello “Vizi e pregiudizi contro lo sviluppo”.

Come me, migliaia di altri lettori di corriere.it, visto che l’articolo figurava il secondo più letto della giornata.

Ebbene, in quest’articolo, di fatto si cercava di smontare alcuni pregiudizi per superare la divisione Nord/Sud: per il Sud, quella della “teoria del colonialismo interno”,  contenente “qualche verità e molte bugie” (di più non si spiega) che avrebbe dato origine alla “sindrome da risarcimento che ha determinato un colossale trasferimento di risorse pubbliche da Nord a Sud”. Una sindrome che però “ha portato solo disastri” , e giù il solito elenco tra corruzione, parassitismo, burocrazia elefantiaca etc etc.

E il prof. si meraviglia come “nonostante ciò, la sindrome da risarcimento sono tuttora vive, influenzano i comportamenti di molti meridionali”.

Per il Nord, il prof. cerca di smontare il pregiudizio secondo il quale il Sud sarebbe solo una palla al piede per lo sviluppo poiché “è falso che il Nord non pagherebbe alti prezzi facendo a meno del Sud”. E continua, lapalissiano: “Quantomeno, amputata del Sud, l’Italia subirebbe un drastico declassamento in Europa, cesserebbe di essere uno dei 4 grandi stati europei”.

“E’ comunque ovvio che il Nord possiede le carte migliori. E’ un’asimmetria di cui le classi dirigenti del Mezzogiorno devono tenere conto.”

La soluzione? Il prof. propone due vie, o quella brasiliana (smettere di lagnarsi inaugurando vere politiche di sviluppo) o quella slovacca (dove, chiedi che ti chiedi, minacciarono la secessione, accolta dai cechi)

E, ovviamente, il prof. spera che si arrivi alla soluzione brasiliana (chissà perché, lo spiegherò più avanti).

Questo l’articolo. “La memoria è di parte, come è parziale lo sguardo su cui si fonda”, ha scritto Walter Barberis, su “Il bisogno di patria”…

Per rispondere al prof. Panebianco, mi servirò di alcuni dati e ricerche tratti dal libro “Terroni” di Pino Aprile.

Cominciamo dalla “teoria del colonialismo interno”:  noi italiani non sappiamo fare i conti con la nostra storia. E’ successo con il fascismo e il post-fascismo (quindi la Resistenza con tutti gli annessi e connessi), è successo con l’Unità d’Italia e il Risorgimento.

Ora, che ci piaccia o no, l’unità fu fatta ai danni delle regioni meridionali. Visto che la storia è scritta dai vincitori, non ci piace ricordare che nel periodo pre-unitario al Sud erano sviluppatissime le piantagioni di agrumi, baco da seta, ulivi, zucchero di canna, piantagioni che vennero spazzate via dopo l’Unità per una serie di interventi economici mirati a sostenere le industrie del Nord.

Non ci piace ricordare che esistevano nel periodo pre-unitario industrie anche al sud (in Calabria avevamo il centro siderurgico di Mongiana, apprezzato in tutto il mondo, fatto chiudere per poi fare costruire le acciaierie di Terni). Né ci piace ricordare come queste realtà industriali fallirono: per mancanza di commesse statali, perché ritenute “obsolete”…perché erano a Sud.

Non ci piace ricordare i massacri dell’esercito piemontese, venuto per la “liberazione”, e le fosse comuni che si scoprono (una, 24 metri per 12, sotto la scuola media di Gaeta) si fanno prontamente richiudere per non suscitare scandalo (in quel caso erano  già 2000 le salme riesumate).

Non ci piace ricordare che almeno 41 paesi furono distrutti (e non si sa quanti cancellati dalla carta geografica).

Non ci piace ricordare che quando l’esercito garibaldino si sciolse con la promessa dell’immissione nel reparto nazionale, solo i settentrionali furono ammessi, perché i meridionali erano “più interessati al bottino” (dopo che le scorrerie le avevano fatte tutti quanti).

Non ci piace ricordare che dopo la conquista, nella cassa comune della neonata Italia il Sud contribuì con il 60% dei soldi, la Lombardia con l’1e qualcosa, il  Piemonte con il 4%  e più della metà del debito complessivo….

Non ci piace ricordare che i piemontesi fecero leggi come considerare armi anche gli attrezzi da lavoro dei contadini, il divieto di prendere cibo dai paesi vicini, di andare nei boschi e di portare viveri fuori dalle mura del comune…e i contadini, con che “campavano”?

Non ci piace ricordare che il Banco di Napoli non potè espandersi nel resto d’Italia (al contrario della banche settentrionali), e che quando nacque la Banca d’Italia furono distribuite 20.000 azioni al Sud  contro le 280.000 al Nord.

Non ci piace ricordare. La “sindrome da risarcimento” di cui parla il prof., in realtà, è partita da Nord. Qui al Sud, non abbiamo più memoria. Non sappiamo cosa è successo. Ci hanno convinti di essere “da meno”, che tanto non cambierà mai niente, e ci siamo convinti.

E’  arrivata la Prima Guerra Mondiale, abbiamo dato il più alto contributo di sangue e incassato il 7,4% di spese per i rifornimenti alle forze armate contro il 92,6% del nord. E’ arrivato il fascismo,  c’è stata la bonifica delle paludi pontine per darle ai settentrionali, c’è stata l’imposizione di produrre grano che ha dato il colpo di grazia a qualsiasi tentativo di ricominciare a produrre altro. Dopo la seconda guerra mondiale, il Sud,  campo di battaglia dal ’43, non è stato ritenuto “consono ” perché troppo malridotto per investire i soldi del piano Marshall, (investiti al Nord, avrebbero reso di più e in minor tempo, e così è stato fatto)…. arriva  la diaspora emigratoria. E non ci piace ricordare quanto le rimesse degli emigrati meridionali abbiano fatto per l’economia del Paese (nonostante non avessero avuto nessuna agevolazione prima di partire).

Si è creata la Cassa del Mezzogiorno, la tanto vituperata Cassa del Mezzogiorno… si calcola che si sono spesi in quegli anni tra lo 0,5 e lo 0,7% del pil. Oggi, senza la Cassa, si spende in interventi per il Sud lo 0,8.  E cosa si costruiva di così “straordinario ” in quegli anni al Sud?  strade, acquedotti, reti elettriche, scuole, ospedali…

Perché, meno sussidi, strade, aeroporti, uguale: meno concorrenza al nord, che però deve impiegare i propri capitali all’estero (siamo il paese che paradossalmente esporta contemporaneamente manodopera e capitali).

La “sindrome da risarcimento”, in realtà, per volontà dei governanti, si è trasformata in sussidiarietà… durante la crisi petrolifera del ’73, si decise che i finanziamenti dovessero essere erogati, anziché agli investimenti industriali, come sostegno al reddito delle persone (era il periodo della ristrutturazione delle industrie). Da lì, l’incremento del debito pubblico,  con il Sud che continua a svolgere l’oramai atavico ruolo di “consumatore di beni” e il Nord che, come creditore dello Stato, incassa il 90% degli interessi.

E’ un problema di storia. E la storia, ripeto, è scritta dai vincitori.

Non è che, come scrive il prof., la “sindrome da risarcimento influenza i comportamenti dei meridionali”… noi non sappiamo nemmeno di dover essere risarciti!

Se qualcosa sta cambiando, è perché se da 15 anni, sempre più forte, si grida al “terrone inefficiente, viziato, sostenuto dallo Stato perché pigro o incapace di fare da sé”, allora qualche domanda qualcuno che non si ritiene così deficiente,  incomincia a porsela…

Per quanto riguarda i pregiudizi del Nord, mi sembra che il prof. sia un po’ più mellifluo… Dopo aver soltanto accennato alla falsità relativa alla diminuzione dei prezzi in una ipotetica secessione del Sud (perché in effetti ci sono a monte una serie di tecnicismi di natura economica), la perla di saggezza è che, tolto il Sud, si avrebbe meno territorio, quindi, meno (cosa? Prestigio? Potere?) rispetto alla altre nazioni in Europa.

Leggendo quel periodo, mi stavo sentendo male. Ecco perché, poi, la “sindrome da risarcimento”…altro che sindrome!!!! Se è solo perché siamo un “pezzo di terra in più” che dovremmo rimanere attaccati (anzi, che loro dovrebbero tollerarci), vuol dire che davvero non è cambiato niente da 150 anni, perché il messaggio non passa. Perché la storia è scritta dai vincitori. E il prof. (ho controllato dopo aver letto l’articolo) è di Bologna. “La dotta”, ma in Emilia Romagna (sono del Sud, ma un po’ di geografia la ricordo, poi c’è Internet….).

Questa “ovvietà” per cui il Nord possiede “ le carte migliori”, prendiamola come ovvietà, ma chiediamoci da dove venga, altrimenti si rischia davvero di cadere nel “non sono come noi” che è all’origine di ogni tipo di razzismo.

Per quanto riguarda le due soluzioni, ovvio che il prof. propenda per quella brasiliana! Se scegliessimo (ma è abbastanza utopica come soluzione, ed è volgare rispondere con la stessa moneta) quella slovacca, i “fratelli” del Nord perderebbero il “pezzo di terra” di cui sopra…

Senza considerare che questo “chiedere di più” francamente io non l’ho notato. Chiedere sempre di più a chi? Alle Ferrovie dello Stato che ci hanno completamente cancellato dal piano di infrastrutture? Al balletto di governi che annunciano e non realizzano?

Per fare industria al Sud oggi si deve pagare di più l’energia elettrica, perfino se prodotta in impianti del Sud (ma gli impianti si possano fermare senza preavviso per insufficienza della rete); si  deve accettare che il credito bancario sia del 30% in più con tempi di lavorazione più lenti e i mutui abbiano un sovrattasso di 3 punti; che collegamenti e trasporti incidano di più per arretratezza della rete viaria ed inesistenza di quella ferroviaria. E poi, solo poi, si aggiunge il pizzo (la mafia è complice e sodale di un sistema come questo, ma non è la madre di tutte le disgrazie del Sud, come vorrebbero farci credere per scaricarsi di dosso le responsabilità.)

Questo è proprio il punto. Al Sud abbiamo il 30% in meno di infrastrutture. Se chiediamo di essere messi al passo, chiediamo di più, perché siamo destinati al meno.

Meno male.

PS: l’articolo di Panebianco è scomparso oggi dalla homepage di corriere.it…si può trovarlo in “editoriali”….esigenze di redazione, sicuramente

strill.it

Vizi e pregiudizi contro lo sviluppo

Le tante bugie tra Nord e Sud

Vizi e pregiudizi contro lo sviluppo

Le tante bugie tra Nord e Sud

Non si verrà mai a capo della divisione Nord/Sud se non si aggrediranno certe costruzioni ideologiche che funzionano da schermo, che impediscono di vedere la realtà, e di fatto la legittimano e la perpetuano. Mi riferisco, in primo luogo, a quella «teoria del colonialismo interno» abbeverandosi alla quale sono cresciute intere generazioni di meridionali. È la teoria secondo cui, dall’Unità in poi, il Sud sarebbe stato vittima della colonizzazione, con annesso sfruttamento, del Nord. Come tutte le costruzioni ideologiche, la teoria mescola qualche verità e molte bugie. Essa ha dato luogo a una «sindrome da risarcimento» che ha legittimato per decenni un colossale trasferimento di risorse pubbliche dal Nord al Sud. Poco male se si fosse trattato di una «bugia utile», se fosse servita a colmare il divario, a creare nel Sud le condizioni per uno sviluppo economico auto-sostenuto. Ma quella strada ha portato solo a disastri: dilatazione della intermediazione politica, gonfiamento dei ceti politico- burocratici, parassitismo, corruzione, alimentazione della criminalità. Il contrario di ciò che serve allo sviluppo. Ma, nonostante l’evidenza, teoria del colonialismo interno e sindrome da risarcimento sono tuttora vive, influenzano gli atteggiamenti e i comportamenti di molti meridionali. Quale altra fonte di legittimazione potrebbe avere, ad esempio, la ventilata Lega del Sud?
ventilata Lega del Sud? Anche al Nord, naturalmente, abbondano stereotipi e costruzioni ideologiche. Nella diffusa idea che il Sud sia solo una palla al piede per lo sviluppo del Nord convivono verità (sull’oggettivo costo del Sud) e bugie. È falso che il Nord non pagherebbe alti prezzi facendo a meno del Sud. Amputata del Sud, quanto meno, l’Italia subirebbe un drastico declassamento in Europa, cesserebbe di essere uno dei quattro grandi Stati europei. È comunque ovvio che il Nord possiede le carte migliori. È un’asimmetria di cui le classi dirigenti del Mezzogiorno devono tener conto.
Il Sud ha di fronte due strade: la via «brasiliana» e la via «slovacca». Esistono certe interessanti analogie fra la storia dell’America Latina e quella del Sud d’Italia. Per un lungo periodo, le classi dirigenti latinoamericane coltivarono nei confronti degli Stati Uniti lo stesso atteggiamento di molti meridionali italiani nei confronti del nostro Nord. Attribuendo all’imperialismo yankee la causa del proprio sottosviluppo i latinoamericani si autoassolvevano da ogni responsabilità e, con i loro comportamenti, perpetuavano il sottosviluppo. Poi in alcuni Paesi (Brasile, Cile ed altri), le classi dirigenti si sono rinnovate rimuovendo alcuni degli antichi vizi. Anziché continuare ad imputare ad altri la colpa delle proprie disgrazie hanno inaugurato vere politiche di sviluppo che hanno dato in brevissimo tempo grandi frutti. Abbandonare la sciagurata teoria del colonialismo interno è necessario perché il Sud possa cominciare a seguirne le orme.
In alternativa, il Sud può scegliere la via slovacca. La Slovacchia era la parte più povera della Cecoslovacchia. Gli slovacchi tirarono troppo la corda, pretesero troppe risorse. Minacciarono anche la secessione. I cechi risposero: accomodatevi. E secessione fu. Sarebbe assai più utile per il Sud, e per l’Italia tutta, se il Mezzogiorno (magari sfruttando l’occasione del varo del federalismo fiscale) si decidesse ad imboccare la via brasiliana.

Angelo Panebianco

SGUARDI- IPOTESI- TEOREMI-ENTI VIRTUOSI-

Caro autore  A. Panebianco, m’inserisco nel tuo articolo riportato sul Sasso di Mimma Surace per capire il discorso  da te condotto di non facile “lettura”  Vizi e pregiudizi contro lo sviluppo- Le tante bugie tra Nord e Sud;

Premesso che la dott/ssa Surace con la sua lezione sul meridione e meridionalismo ha istruito anche me che sono un po’ ignorante. e tanti altri italiani, che disconoscono la storia  della bella Italia.

L’Italia oggi è una Repubblica che va dal passo di Cadibona  al Quarnaro con la cinta delle Alpi

M A C O  N G R A N P E L E R E C A G I U’  delle sue isole, dei suoi arcipelaghi e annessi.

Si disquisisce su  ipotesi , Teoremi non equivalenti   alle forme di vita che   vivono gli italiani per il momento.

Non interessa né la teoria della Slovacchia né quella Brasiliana; nel 2006 una mia visita nella foresta amazzonica per l’inaugurazione della Missione San Pio da Pietrelcina Missionario nel Mondo mi ha fatto conoscere  quella realtà culturale , sociale ,povera, in evoluzione che non rispecchia il nostro modo di vivere, produttivo, economico sociale, tecnologico ecc— anche se è una nazione che merita attenzione e rispetto.

Noi italiani non abbiamo bisogno di modelli, di stereotipi  di vita o trasformazione- Abbiamo la nostra cultura, il nostro mondo tecnologico, scientifico e letterario  ed è spiacevole constatare che i settentrionali non conoscono i meridionali e viceversa, dovrebbe esistere una reciprocità interculturale,

Dante ha unito i vari stati italiani cercando di dare una eguale spiritualità ma… ancora non si è riusciti nell’intento di avere lo stesso godimento spirituale e materiale pur essendo tutti italiani.

Stimo Bossi però non condivido la sua politica anche se egli ha un elettorato che lo segue

ed esige forme di vita e comportamenti non realizzabili , sia per la conformazione orografica  della penisola Italia, sia per la sua storia e la varietà  della sua popolazione, sia per la fratellanza di tutti i vecchi stati che ci unisce nella Patria Italia oggi Repubblica Italiana

Vincenzo de benedetto

Read Full Post »