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Archive for dicembre 2009

Tu
che
ne dici
SIGNORE se
in questo Natale
faccio un bell’albero
dentro il mio cuore, e ci
attacco, invece dei regali,
i nomi di tutti i miei amici: gli
amici lontani e gli amici vicini, quelli
vecchi e i nuovi, quelli che vedo ogni gior-
no e quelli che vedo di rado, quelli che ricordo
sempre e quelli a volte dimenticati, quelli costanti
e quelli alterni, quelli che, senza volerlo, ho fatto soffrire
e quelli che, senza volerlo, mi hanno fatto soffrire, quelli che
conosco profondamente e quelli che conosco appena, quelli che mi
devono poco e quelli ai quali devo molto, i miei amici semplici ed i miei
amici importanti, i nomi di tutti quanti sono passati nella mia vita.

Un albero con radici
molto profonde, perché
i loro nomi non escano
mai dal mio cuore; un
albero dai rami molto
grandi, perché i nuovi
nomi venuti da tutto il
mondo si uniscano ai già
esistenti, un albero con
un’ombra molto gradevole
affinché la nostra amicizia,
sia un momento di riposo
durante le lotte della vita

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Un Maestro di vita.

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Stava male , da qualche anno non usciva da solo e l’altro ieri ci ha lasciato il Prof. Paolo Costabile,   pezzo importante della cultura della nostra città. Quando, negli anni sessanta, alla fine di un percorso quantomai accidentato sono finalmente approdata  nella prestigiosa,  e per certi versi esclusiva, sezione A del Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci, a Reggio Calabria naturalmente, piuttosto imgenua e semplice ragazza di paese mi sono ritrovata al cospetto di veri e propri mostri della cultura e della didattica. Tra essi un ruolo rilevante era ricoperto dal prof. Costabile, considerato nell’immaginario collettivo un vero e proprio terrore. C’è da dire che io , pur avendo una fame insaziabile di apprendere, ero in un certo senso prevenuta nei confronti degli studi filosofici ; in effetti rifiutavo l’idea di dover discutere di pensieri, teorie, assiomi, meditazioni e quant’altro, che pur interessanti, poggiavano comunque su basi concrete, reali, fisiche poi dimostratesi errate. La concezione che la terra fosse piatta e il geocentrismo mi ponevano in posizione criticamente negativa nei confronti del pensiero di tutti i  filosofi espressione di quel tempo, verso i quali mi ponevo in atteggiamento di rifiuto.

L’ impatto con il filosofare del Prof. Costabile è stato per me devastante : in modo sereno, pacato, ci introduceva naturalmente in astrazioni  metafisiche elaborate e complesse che inducevano ad un approccio critico verso il mondo reale, quello storico. Con il suo modo di insegnare privo di qualsiasi retorica, ma sintetico e denso di significati intrinseci , mi ha trasmesso la necessità di cercare e ricercare il perchè e il significato di un fatto, di un accadimento, di una situazione. La storia, dunque, intesa non già come pedissequo susseguirsi di cronache e date, quanto piuttosto stimolo ai perchè delle vicende succedutesi nella storia dell’uomo.E l’elaborazione del pensiero filosofico come  strumento indispensabile per la condizione esistenziale dell’uomo e dell’umanità intera e necessario per comprendere il perchè di fatti e atti storici che si sono svolti nel tempo.

Per il mio carattere libero e teso verso la ricerca della verità questo approccio alla ricerca storico-filosofica era esaltante e mi sono lasciata affascinare da questa avventura culturale che mi ha accompagnato nel mio vissuto umano e professionale, e mi ritengo privilegiata per aver avuto un docente terribile come il Prof. Costabile.

Era severo, molto,  leale e preparatissimo, valori che costituivano la sua aura e si percepivano nelle aule del Liceo e negli incontri casuali di alcuni eventi culturali  o anche camminando per le strade cittadine.

Quegli anni di liceo per me sono stati preziosi. Quando abbassandosi gli occhiali sul naso, bucandomi l’anima con il suo sguardo profondo , “Micuccia vieni anche tu” , mi chiamava per l’interrogazione, il cuore mi batteva a mille all’ora; poi la tensione si stemperava nel dispiegamento  dell’elaborazione  sofferta e partecipata  di uno studio,mai mnemonico quanto,piuttosto, come capacità critica nell’analisi e sintesi personale, che per me si sarebbe evoluto in  vera  e propria passione, perchè  proprio da queste riflessioni sono riuscita a trovare, e a tenere, in qualche modo, il bandolo della mia vita, accettando il fatto che  molti perchè non hanno una risposta , e facendo della mia inquietudine uno stimolo in più per cercare e ricercare sempre e comunque.

Purtroppo il ciclo umano della vita comprende anche il passaggio della morte, ma la memoria rimane . La memoria degli insegnamenti del prof. Costabile costituisce un tesoro per diverse generazioni, anche perchè fa parte integrante, spesso anche inconsciamente, di molti di noi.

Grazie Professore

Mimma Suraci

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Neve in Aspromonte

Neve in Aspromonte

Foto di Peppe Caridi

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Il mago di Natale

Gianni Rodari

S’io fossi il mago di Natale

farei spuntare un albero di Natale

in ogni casa, in ogni appartamento

dalle piastrelle del pavimento,

ma non l’alberello finto,

di plastica, dipinto

che vendono adesso all’Upim:

un vero abete, un pino di montagna,

con un po’ di vento vero

impigliato tra i rami,

che mandi profumo di resina

in tutte le camere,

e sui rami i magici frutti: regali per tutti.

Poi con la mia bacchetta me ne andrei

a fare magie

per tutte le vie.

In via Nazionale

farei crescere un albero di Natale

carico di bambole

d’ogni qualità,

che chiudono gli occhi

e chiamano papà,

camminano da sole,

ballano il rock an’roll

e fanno le capriole.

Chi le vuole, le prende:

gratis, s’intende.

In piazza San Cosimato

faccio crescere l’albero

del cioccolato;

in via del Tritone

l’albero del panettone

in viale Buozzi

l’albero dei maritozzi,

e in largo di Santa Susanna

quello dei maritozzi con la panna.

Continuiamo la passeggiata?

La magia è appena cominciata:

dobbiamo scegliere il posto

all’albero dei trenini:

va bene piazza Mazzini?

Quello degli aeroplani

lo faccio in via dei Campani.

Ogni strada avrà un albero speciale

e il giorno di Natale

i bimbi faranno

il giro di Roma

a prendersi quel che vorranno.

Per ogni giocattolo

colto dal suo ramo

ne spunterà un altro

dello stesso modello

o anche più bello.

Per i grandi invece ci sarà

magari in via Condotti

l’albero delle scarpe e dei cappotti.

Tutto questo farei se fossi un mago.

Però non lo sono

che posso fare?

Non ho che auguri da regalare:

di auguri ne ho tanti,

scegliete quelli che volete,

prendeteli tutti quanti.

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L’uomo di Musil ha raggiunto l’ immortalità

Mi riferisco, qui, naturalmente a “L’ uomo senza qualità”, che non è stupido come potrebbe sembrare da una interpretazione superficiale, quanto piuttosto una persona capace, intelligente, colta che però non coglie le possibilità che la vita le offre e vive come avviluppata in una rete della quale non riesce a trovare il capo per venirne fuori. Questa riflessione mi viene sollecitata dall’articolo di Crucitti sulla palma del Lungomare e mi torna in mente il rumore che ha suscitato in alcuni settori dell’opinione pubblica, alcuni mesi fa, la notizia dell’ abbattimento di alcuni alberi secolari a Pentimele, notizia ripresa e  amplificata da alcuni organi di stampa, che hanno gridato allo scempio. In proposito, dunque, sento il bisogno di fare alcune considerazioni..  C’ è da dire innanzitutto che l’ albero è un elemento importantissimo della natura e come tale va rispettato, amato e curato e come tale è, giocoforza, sottoposto alle leggi naturali cioè anch’esso albero, essendo un essere vivente, ha un ciclo vitale che comprende nascita, vita e morte. L’ albero, dunque, va prima di tutto piantato con amore e ricordo con gioia quando alunna delle elementari ho piantato, giorno della festa degli alberi, un albero a S. Stefano in Aspromonte, il paese incantato nel quale sono nata; vado spesso a trovare quell’ albero  e lo considero un amico particolare. E’ vero ed è bello il fatto che il mondo della natura sia capace di suscitare sentimenti ed emozioni forti  espressi variamente nel mondo dell’ arte in genere e della letteratura in particolare  come stupendamente ha fatto Carducci in Davanti San Guido. Ma è follia pensare che gli alberi possano essere immortali; è significativamente esaltante e affascinante  ammirare  alberi secolari, ma pretendere di mantenerli in vita in eterno  significa avere trovato il gene dell’ immortalità, e sarebbe  una scoperta gigantesca della genetica, oppure, d’altra parte potrebbe significare accanimento terapeutico. Nella fattispecie, se i cipressi di Bolgheri stanno male perché sono vecchi, secondo me piuttosto che cercare di sostentarli con farmaci sarebbe preferibile sostituirli con piante simili ma giovani. L’ albero, dunque, va curato con amore e, giunto alla conclusione del suo ciclo vitale, va abbattuto, utilizzandone il materiale ad usi diversi, e sostituito con altre piante, simili o no, ma nuove. Anche perché la funzione dell’albero è pure quella di fornire  all’uomo risorse importanti , basti ricordare i moltissimi impieghi del legno, elemento importantissimo  per impieghi i più diversi.  Un albero vecchio spesso marcisce all’ interno e può cadere provocando gravi danni , per il risarcimento dei quali poi vengono aperte inchieste , chiamati in causa e anche citati in giudizio i responsabili umani di turno. L’ albero  nell’ immaginario collettivo antropologico  socio-culturale rappresenta la vita e le sue radici richiamano l’ appartenenza ad un determinato territorio che quasi sempre coincide con il luogo di nascita. Lo scandalo per l’ abbattimento di un albero secondo me dimostra l’ immobilismo della società italiana, accartocciata su se stessa nel culto di un passato comunque migliore del presente, sonnolenta, incapace  di costruirsi un futuro.  Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce : questa affermazione usata soprattutto come metafora del male, rumoroso, contrapposto al bene, silenzioso, si adatta con particolare aderenza alla materia di cui qui si tratta . Sic transit gloria mundi. Qui e ora dovrebbe intervenire l’uomo nuovo, attuale, svegliarsi dall’ anestesia nella quale si ritrova ormai da troppo tempo e, novello Ulisse, il quale, naufrago, si è costruito proprio con il legno degli alberi gli strumenti per la sopravvivenza, osare con audacia e saggezza per fare, chiacchierando  e litigando di meno .

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scoperta in mare un’antica città. la fantasia si scatena: potrebbe essere atlantide?

Dai Caraibi emerge una civiltà sommersa

Il leader del progetto: «Trovate una specie di piramide alta e sottile e una costruzione con pali paralleli in piedi»

Dal nostro corrispondente  Alessandra Farkas

Una foto satellitare della presunta Atlantide
Una foto satellitare della presunta Atlantide

NEW YORK – Un gruppo di archeologi ha scoperto le rovine di una grande città antica sui fondali del Mar dei Caraibi la cui ubicazione rimane ancora segreta ma che secondo alcune indiscrezioni sarebbe antecedente alle piramidi di Giza, in Egitto. E potrebbe addirittura essere Atlantide, la leggendaria isola scomparsa, menzionata per la prima volta da Platone. La notizia, pubblicata in esclusiva dal giornale parigino in lingua inglese Herald de Paris, è stata subito rilanciata dai siti web americani. Le immagini satellitari della città pubblicate sul sito web del quotidiano mostrano qualcosa di completamente diverso dalla città sommersa scoperta nel 2001 al largo di Cuba da una missione congiunta russa-canadese. Nell’intervista da Washington all’Herald il leader del progetto – che ha chiesto di rimanere anonimo – si è guardato bene dal rivelare le coordinate del luogo. Presumibilmente per evitare la ressa di sommozzatori della domenica a caccia di tesori subacquei durante le feste di fine anno.

PIRAMIDE SOTTILE – «Abbiamo trovato una struttura simile a una piramide alta e sottile – racconta il capo della spedizione -, e persino una costruzione con pali paralleli in piedi e travi fra le macerie di ciò che sembra un edificio in rovina. Ma non puoi trovare pali e travi – precisa – senza l’intervento umano». Gli scopritori non affermano che si tratti di Atlantide. «Però – puntualizzano – crediamo che questa città potrebbe esser stata una delle tante di una civiltà marinara avanzata, basata sul commercio e in regolare contatto con le sue controparti eurocentriche». Nessuno sa spiegare come sia finita sommersa dalle acque. «Abbiamo diverse teorie in proposito» incalza il team leader, che spera di raccogliere abbastanza fondi per una nuova spedizione, ben più capillare, che possa documentare la sua scoperta. «Qualunque cosa troveremo non appartiene a noi – spiegano gli archeologi -, ma alla gente di questa isola e al mondo in generale. Tutto ciò che riporteremo a galla finirà in mano a un museo».

LE CIVILTÀ SOMMERSE – Non è la prima volta che tracce di una possibile civiltà sommersa emergono nei Caraibi. Nel 2001 l’agenzia Reuters riferì che un gruppo di scienziati di Advanced Digital Communications aveva individuato una “città sommersa” al largo delle coste di Cuba. Grazie al sonar avevano identificato quelle che sembravano strade, rovine di edifici e persino una piramide. Ma dopo l’eccitamento iniziale, la storia cadde nel dimenticatoio. Nel suo libro Le porte di Atlantide (2000), Andrew Collins avanza la tesi che Cuba sia stata al centro di una vasta civiltà pre-colombiana, simile ad Atlantide. Ivor Zapp e George Erikson, nel loro volume Le Strade di Atlantide (2002), mettono il Costa Rica a capo di un impero marittimo molto avanzato. L’avventuriero F. A. Mitchell-Hedges ha suggerito che i resti della civiltà scomparsa si trovassero in Honduras. Teorie secondo cui Atlantide si trova nel nuovo mondo cominciarono a circolare subito dopo la scoperta dell’America. Nel 1669 fu addirittura pubblicata una mappa che mostrava l’America divisa tra i discendenti di Nettuno, re di Atlantide.

17 dicembre 2009

corriere.it

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Ringrazio per il contributo Vincenzo De Benedetto.
Rivedere queste immagini  suggestive di Reggio potrà far piacere a molti Reggini.


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  • I RISULTATI DELLO STUDIO «INCHIANTI»

Mangiare meno per vivere di più e meglio

Bastano 100 calorie in meno al giorno per ridurre del 10 per cento il rischio di disabilità a tre anni

(Damiano Fedeli)
(Damiano Fedeli)

MILANO – Non si allacciano più bene le scarpe. Salire le scale di casa diventa un’impresa, camminare fino al negozio per far la spesa uno sforzo titanico. Sono alcun delle tante disabilità che pian piano si insinuano nella vita degli anziani; ora uno studio tutto italiano presentato al congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatra dimostra, per la prima volta al mondo sull’uomo, che basta mangiare meno per prevenire questi acciacchi. Per vivere meglio, insomma, e magari anche più a lungo.

CHIANTI – I dati sono gli ultimi risultati di una ricerca che è un po’ il nostro «Framingham Study» in materia di anziani, lo studio InCHIANTI come nel famoso studio americano, che segue dal 1948 gli abitanti di una cittadina del Massachusetts registrandone vita, morte e miracoli, così alle porte di Firenze un gruppo di ricercatori sta seguendo dal 1998 circa 1.200 anziani che vivono in due paesini del Chianti fiorentino. Arzilli vecchietti che, sarà merito della vita in campagna o dell’olio buono, sono spesso in buona salute e stanno indicando la strada per arrivare a una vecchiaia serena e senza acciacchi. Ultimo dato, appunto, la dimostrazione che basta mangiare meno per abbassare il rischio di sviluppare disabilità piccole o grandi: «Per la ricerca, in uscita su Age and Ageing, abbiamo analizzato i dati di 900 dei nostri anziani, per i quali avevamo informazioni nutrizionali complete – racconta Luigi Ferrucci, coordinatore dalla prima ora dello studio InCHIANTI (tuttora in corsa sotto l’egida della Azienda Sanitaria di Firenze) e oggi “emigrato” al National Institute of Aging di Bethesda, negli Stati Uniti –. Abbiamo anche indagato patologie concomitanti, dal diabete all’ipertensione, e anche consumo di alcol e abitudine al fumo; poi, all’inizio dello studio e dopo tre anni, abbiamo sottoposto gli anziani a una valutazione delle disabilità funzionali nella cura di sé e nelle attività quotidiane più varie».

DIETA – Risultato, chi mangiava di meno rischiava anche meno di ritrovarsi con qualche difficoltà di troppo: per ogni cento calorie in più infatti, cresceva del 10 per cento la probabilità di nuove disabilità funzionali nel giro di tre anni. Essere parchi a tavola aiuta a vivere meglio, quindi, e possibilmente di più: «Questi dati dimostrano per la prima volta nell’uomo un effetto della restrizione calorica su parametri importanti per la longevità – commenta Niccolò Marchionni, presidente della SIGG –. Tanti studi sull’animale ci hanno dimostrato che ridurre le calorie dei pasti allunga la vita: l’ultima ricerca, pubblicata in estate su Science, lo ha provato su una specie molto simile a noi, il macaco. Basta guardare le foto degli animali coinvolti, che sono stati seguiti dal 1989 a oggi: chi negli anni ha mangiato meno, oltre a vivere più a lungo e allontanare pure tumori, malattie cardiovascolari o diabete, fisicamente pare il nipote dei macachi non sottoposti a restrizione calorica». In effetti è vero: da una parte sguardi spenti, portamento curvo, pelliccia spelacchiata, dall’altra il ritratto della buona salute. Sull’uomo può quindi succedere lo stesso? «I dati di InCHIANTI sembrano suggerire di sì – dice Marchionni –. Tra l’altro si tratta di dati raccolti su persone non selezionate per uno studio sperimentale: il vantaggio di InCHIANTI è che sta seguendo anziani normali, di tutti i tipi, per cui le conclusioni hanno un significato reale, vero per ciascuno di noi».

GENI – Il Nobel per la medicina 2009 è stato assegnato a chi ha svelato i segreti dei telomeri, quei «cappucci» che stanno sulla parte finale dei cromosomi e si accorciano man mano che invecchiamo. In questi pezzettini di DNA molti vedono la chiave genetica del nostro destino di longevità: mangiar meno può in qualche modo ribaltare la nostra aspettativa di vita, in barba a quel che è scritto nei geni? «I geni rendono conto di circa il 30 per cento della possibile durata della nostra esistenza – dice Marchionni –. Il resto lo fa lo stile di vita, che può condizionare in meglio o in peggio la nostra longevità: fare attività fisica regolare, mangiare poco scegliendo cibi sani ed equilibrati aiuta di certo a mantenerci giovani e in salute più a lungo».

Elena Meli
02 dicembre 2009

corriere.it

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