Una pagina di storia personale
Boris Pasternak
In ogni cosa ho voglia di arrivare
sino alla sostanza.
Nel lavoro, cercando la mia strada,
nel tumulto del cuore.
Sino all’ essenza dei giorni passati,
sino alla loro ragione,
sino ai motivi, sino alle radici,
sino al midollo.
Eternamente aggrappandomi al filo
dei destini , degli avvenimenti,
sentire,amare, vivere, pensare
effettuare scoperte.
In questi giorni è alla ribalta delle cronache il sindacato, da qualche tempo assente dalla scena sociopolitica italiana. Memori del mito graco, l’italia è specializzata a far risorgere come Araba Fenice , realtà incenerite, bruciate da usi e abusi, come è il caso dei sindacati in generale, e, nella fattispecie, della CGIL. Nel percorso del mio vissuto lavorativo mi sono dovuta, gioco forza, confrontare spesso con la realtà sindacale .
Rimbalzano, così, adesso, pensieri sparsi.
Ho partecipato al concorso pubblico del Banco Di Napoli, nell’ormai lontano 1971, stimolata da Giovanna, una collega occasionale dell’università di Messina, per fare esperienza. Quando, superato il concorso, è arrivata l’assunzione, ho accettato, nonostante le rimostranze della mia mamma, perchè avevo un disperato bisogno di lavorare. Avevo perduto il papà, con un malore improvviso, quando avevo appena compiuto cinque anni e avevo visto i salti mortali fatti da mia madre, casalinga, che cercava di amministrare la precaria rendita delle proprietà terriere per poter allevare dignitosamente le due bimbe. In banca, dunque, e vengo subito impegnata ad uno sportello di cassa : il mio cuore è in tumulto; non avevo mai visto in vita mia un assegno e un pagherò, se non tramite i libri sui quali avevo studiato per il concorso. Ragioneria, e contabilità erano per me praterie completamente nuove, ma non ho mai dimostrato alcuna incertezza nell’affrontare un lavoro lontano mille miglia dai miei interessi e anche dagli studi coltivati fino a quel tempo.E mi ci butto a capofitto, adesso, per fare bene e onorare il mio nuovo impegno. Il giorno dopo il mio ingresso in banca, ero allo sportello, si avvicina il rappresentante sindacale aziendale della CGIL, unico sindacato all’epoca esistente in Filiale,e sollecita Ciccio, il bravissimo Capo Ufficio alle mie spalle, perchè i nuovi assunti per concorso, eravamo in tutto 9, aderissero alla sua sigla. Il bravo Ciccio, pur essendo di dichiarata fede comunista, era più diplomatico e ha risposto al collega dicendo di avere pazienza ed aspettare.
Dopo circa sei mesi il gruppo dei nuovi, cominciando a renderci conto di come andavano le cose e per poter dire la nostra anche nelle assemblee, ci siamo iscritti la maggior parte alla nascente UIL, che comunque era costola del sindacato maggiore, che metteva le sue pedine in casa altrui per continuare ad avere il controllo aziendale. Dopo qualche tempo nasce pure la CISL con la stessa strategia, e così ormai in azienda i sindacati erano il simbolo della “democrazia”, cosiddetta naturalmente. Ricordo ancora le assemblee in occasione dei rinnovi contrattuali, dove la frase d’ordinanza ripetuta all’unisono dalla trimurti, come un ritornello lamentoso, e mistificatorio perchè bugiardo, era “per il bene del paese” . E per il bene del paese si sacrificava la categoria portando le assemblee fino alle 22, quando restavano i pochi fedelissimi e l’ordine sindacale passava all’unanimità. Capito ? “All’unanimità”! Eccome no ?! Con meno di 10 persone su oltre 200. Questa è la democrazia!
Tra una cosa e l’altra, in una turnazione di avvicendamenti, mi viene notificata una lettera di trasferimento presso un’agenzia periferica della provincia di Reggio ;non batto ciglio perchè quando ho sottoscritto il contratto di lavoro ho dato la disponibilità ad operare in qualsiasi sede del Banco per esigenze aziendali. Poi però il mio trasferimento diventa una favola : alcuni colleghi, la cui serietà era aldisopra di ogni sospetto, giurano che il mio spostamento di sede era una vera e propria punizione, perchè ero considerata scomoda, nel senso che cercavo di denunciare le cose che non andavano e volevo cercare di rendere il lavoro più confortevole per gli addetti e contemporaneamente più utile all’azienda. Perchè si può fare. Un collega mi ha giurato che in occasione di una cena in un locale di Villa San Giovanni, un rappresentante sindacale della CGIL, che tra l’altro si vantava che in molti anni di banca riuscisse a fare carriera, pur non avendo mai toccato pratica, abbia passato al convitato capo del personale della Direzione generale, un biglietto con su scritto il mio nome e la nuova sede alla quale dover essere destinata.A questo punto allora mi fermo . Per prima cosa studio lo statuto dei lavoratori e il regolamento interno del Banco di Napoli e viene fuori che il mio trasferimento era illegittimo. Mi oppongo e dopo diverse peripezie riesco ad evere la revoca insieme alle scuse personali dell’allora Direttore generale. A me tutto sommato non sarebbe dispiaciuto cambiare posto di lavoro, ma ho lottato da sola, e ci tengo a precisare “da sola”, perchè non volevo passasse l’idea che il sindacato potesse impaurire con la mannaia delle cosiddette “punizioni”. Non mi inressava comunque se la notizia della cosiddetta punizione fosse vera o meno, perchè il fatto stesso che circolasse quella voce, bastava e avanzava perchè l’idea si affermasse e la cosa mi dava enorme fastidio sia nella forma che nella sostanza. Ho sostenuto un vero e proprio braccio di ferro, ma, piccola e isolata, mi sono opposta e ho avuto ragione.
.Se ancora penso che perchè fossero adottati i timbri a secco in sostituzione di quelli a inchiostro, adesso magari faccio un sorriso, ma allora, essere costretti ad usare timbri anacronistici e di difficile manutenzione perchè la spesa non rientrava nel cosiddetto budget.. la sostituzione dei timbri nella Filiale di Reggio Calabria è stata una mia “conquista”, personale, appunto.
Pure per i locali di lavoro ho dovuto lottare, da sola. In una fase di ristrutturazione della sede, volevano costringerci, circa 6/7 persone, a lavorare in un unica stanza : ce l’ho fatta con la mia solita determinazione e con dispiacere dell’architetto napoletano che presumeva di sapere bene cosa servisse agli addetti, quando noi, invece, impegnati sul campo, eravamo consapevoli delle nostre realtà e dei nostri bisogni.
Avrei voluto un ambiente di lavoro più umano, più igienico, più accogliente per i clienti e più produttivo per l’azienda.Proprio mentre si pensava alla rimodulazione dei locali avevo proposto di adibire il pianterreno a locale di attesa con dei salottini e la possibilità di degustare un buon caffè, e portare tutti gli uffici al piano superiore, dove si sarebbe potuto lavorare con la luce del sole, tenuto conto della bella esposizione dello storico fabbricato., punta di diamante dell’archeologia della città. Avrei voluto, ma mi dicevano di essere troppo avanzata. Questa battaglia non l’ho vinta, purtroppo. Sempre da sola.
Sempre da sola: come quando un collega truffaldino ha “rubato” a pù riprese, somme consistenti cercando di far ricadere la colpa su altri e da sola ho detto agli inquirenti, carabinieri e ispettori interni, come si lavorava, condizioni e carichi e turni , senza timori nei confronti di alcuno, per ripercussioni o “vendette” sulla mia persona, ma dicendo e cercando sempre la veritò, a tutti i costi. Sola. Sindacati, con tutte le sigle, assenti.
In questi anni, dunque, con un gruppo di colleghi, folli come me, abbiamo dato vita ad un sindacato autonomo, con il proposito di rendere il lavoro più umano. Senza sfruttare permessi e distacchi, preparando nottetempo le informazioni utili ai colleghi e onorando sempre gli impegni di lavoro. Come prima cosa abbiamo preparato delle proposte di orario diverso da quello adottato, rispettando le chiusure contabili centralizzate, aumentando l’orario di sportello al pubblico e prevedendo degli sportelli aperti anche nei fini settimana con turni sia di personale che, sul territorio, di banche. Abbiamo inviato i plichi con i ciclostilati a tutte le banche di Reggio e provincia con la possibilità di fare altre proposte, oltre quelle già indicate. Il sondaggio andava a gonfie vele, fino a quando la triplice sindacale non l’ha boicottato, sequestrando i plichi . Sono azioni di forza antidemocratiche.
Ho sostenuto quattro volte il concorso interno a funzionario, anche perchè ho sempre studiato e volevo raccogliere qualche risultato. Tre volte, dopo aver superato lo scritto, mi fermavano agli orali. La quarta volta i posti a bando erano 9 e gli ammessi siamo stati 14. Io, seconda allo scritto, non sarei dovuta andare a fare gli orali per impegni presi con mio marito, che era sicuro mi avrebbero respinto ancora. Colleghi della sede Centrale di Napoli però mi hanno sollecitato ad andare a sostenere la prova orale perchè, a quanto si sapeva, i posti già concordati-compromessi con i sindacati erano 5, ragion per cui questa volta non ci sarebbero stati impedimenti perchè la mia preparazione fosse riconosciuta. A questo punto, ho voluto provare, sono andata, ho sostenuto l’esame e sono risultata vincitrice al settimo posto: dopo i 5 già pattuiti, sono stata, di fatto, seconda: Quindi i colleghi di Napoli erano bene informati.
Cosa hanno fatto i sindacati istituzionalizzati quando il sistema bancario italiano è stato stravolto ? Sono stati complici della ” distruzione” del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, storici e gloriosi istituti di emissione, finiti fagocitati nel calderone del San Paolo di Torino secondo la strategia della spoliazione del mezzogiono, quel meridione d’Italia che, da oltre un secolo e mezzo, alimenta il Nord del Paese con risorse materiali e umane.
Sono così tante le mie esperienze accumulate nei confronti con il sindacato che potrei scrivere un libro, per dire che non scopro certo adesso che il sindacato ha agito troppe volte per soddisfare interessi personali sia dei propri rappresentanti che di amici, e amici degli amici, secondo una strategia del do ut des che vige in italia da troppo tempo., in moltissimi settori. Da troppo tempo i sindacalisti hanno occupato poltrone prestigiose con remunerazioni stellari e hanno dimenticato il loro ruolo, cioè la tutela del lavoratore, forse perchè molti di loro non avendo lavorato, non conoscono il settore, i vari settori che rappresentano, spesso, abusivamente.Adesso che succede ? con il cosiddetto attacco alla sede della CGIL romana, di sabato 9 ottobre, la cui puzza di combinata criminale si sente da lontano, si vuole riesumare un cadavere. Sono tantissimi purtroppo gli atti di violenza nei confronti di persone fisiche e di realtà più o meno materiali, con conseguenze tragiche, che spesso vengono ignorati e trattati in maniera fin troppo superficiale, e adesso ci si indigna oltremisura implorando un fantasma. La sinistra partigiana in Italia fa carte false per poter distruggere l’avversario politico, che è considerato un nemico da annientare con ogni mezzo tranne che nelle urne. Bella democrazia ! Proprio bella !
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