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Archive for aprile 2019

Guglielmo Marconi, chi era costui?

Ogni tanto un poco di storia per fare memoria

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Aldilà delle notizie biografiche dello scienziato bolognese, a me piace rendere onore e giustizia a un genio vanto dell’Italia.

Pur essendo di famiglia benestante,  servivano parecchie sostanze  al giovane Guglielmo  per  sviluppare le sue ricerche  sulle  invenzioni relative alle comunicazioni attraverso il telegrafo senza fili e le onde radio, e non riuscendo ad avere aiuti economici in Italia, all’ età di ventidue anni  anni, nel 1896 si trasferisce con la madre irlandese a Londra dove ottiene il brevetto per i risultati importanti da lui raggiunti. Proprio presso l’Ambasciata italiana a Londra svolge il servizio militare, dal quale viene congedato in Italia nel 1901 e nel 1914 è nominato senatore a vita del Regno d’Italia. Partecipa alla guerra del 15/18 e vive facendo esperimenti tra Italia, Inghilterra, Stati Uniti e  altri Paesi con  sempre sviluppi importanti alle sue ricerche. Nel 1927 è  nominato Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche   e  nel 1930 della Regia  Accademia d’Italia  (l’attuale Accademia Nazionale dei Lincei)  diventando automaticamente membro del  Gran Consiglio del Fascismo. Dopo qualche diffidenza iniziale e  i successi delle sue invenzioni il suo valore viene finalmente esaltato anche in Italia,  con innumerevoli riconoscimenti  e considerato come un vero vanto per aver diffuso nel mondo la cultura scientifica dell’Italia, Patria alla quale è stato sempre profondamente legato,  senza se e senza ma, come egli stesso afferma  più volte e anche in occasione della 19esima riunione  della Società Italiana per il Progresso delle Scienze svoltasi nel mese di settembre del 1930 tra Trento e Bolzano: “Il mio saluto è esultante per il compiacimento di trovarmi tra i fratelli del Trentino in una grande manifestazione prettamente italiana che si svolge sul suolo riconquistato alla grande Madre sotto la guida del  Re vittorioso, mentre il segnacolo della Patria sventola sicuro sul Brennero  e al compimento dei nostri destini presiede e provvede la mente vigile e alerte del Duce”.

E in altra occasione e con un certo umorismo : Rivendico l’onore di essere stato in radiotelegrafia il primo fascista, il primo a riconoscere l’utilità di riunire in fascio i raggi elettrici, come Mussolini ha riconosciuto per primo in campo politico la necessità di riunire in fascio le energie sane del Paese per la maggiore grandezza d’Italia”.

Tra i riconoscimenti, da menzionare  sicuramente il Regio Decreto n. 293 del 7 marzo 1938,  con il quale a ricordo della terra dove “ebbero luogo i primi esperimenti della prodigiosa invenzione che donò immensi benefici all’umanità intera, e rese immortale il nome di Guglielmo Marconi”, viene modificata  la denominazione del comune di  Sasso Bolognese in Sasso Marconi e quella della frazione di Pontecchio in Pontecchio Marconi.

Perchè scrivo di queste cose oggi ?

Perchè con la legge n 276 del 28 marzo 1938, Vittorio Emanuele III di Savoia, allora re d’Italia , decreta  che “ll giorno 25 aprile, anniversario della nascita di Guglielmo Marconi, è dichiarato, a tutti gli effetti, giorno di solennità civile”.

Successivamente, il primo governo provvisorio  della Repubblica Italiana con decreto legislativo n 185 del 22 aprile 1946 stabilisce che ” a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.

Convenzionalmente fu scelta questa data, perché il 25 aprile 1945 fu il giorno della liberazione di Milano e Torino. In particolare il 25 aprile 1945 l’esecutivo del Comitato di Liberazione  Nazionale dell’Alta Italia , presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani alle 8 del mattino via radio proclamò ufficialmente l’insurrezione, la presa di tutti i poteri da parte del CLNAI e la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti (tra cui Mussolini, che sarebbe stato raggiunto e fucilato tre giorni dopo).

Oggi il 25 aprile si ricorda ufficialmente la cosiddetta liberazione ma probabilmente nessuno ricorda cosa fosse il CLNAI e cosa sia successo quel giorno; è stato cancellato, e io dico proditoriamente, il ricordo di Marconi, che dal punto di vista culturale, economico, turistico ecc. ecc. ecc, avrebbe ancor oggi, a mio parere, un richiamo importante in Italia e in tutto il mondo, mentre per la  liberazione  beh, è meglio lasciar perdere .

Quand’ero piccola e un aereo solcava il cielo del mio Paese, sentivo i ragazzini che saltando cantavano  ripetendo più e più volte allegramente  ” l’apparecchio americano butta bombe e  se ne va”; e il 25 aprile si festeggiava con vacanza scolastica la liberazione dell’Italia da parte degli americani. Quelli che lanciavano le bombe? Nella mia testa si creava una certa confusione. Poi mia madre mi raccontava che lei aveva vissuto bene durante il fascismo: c’era abbastanza benessere e rispetto in un clima di sicurezza personale e sociale e riconosceva a Mussolini il merito di aver bonificato i pantani malarici, di aver fondato la Cassa Mutua Malattie, di aver impegnato molte risorse  per la cura e prevenzione della tubercolosi, malattia gravissima e spesso mortale  che colpiva tutte le fasce d’età; mi raccontava pure che durante il fascismo agricoltura e territorio, settori nei quali la mia famiglia è stata da sempre attiva, erano stati particolarmente curati con Piani nazionali nel rispetto delle realtà locali di un paesaggio diversificato come è quello italiano. Rimproverava la mia mamma a Mussolini la guerra, e a tale proposito mi diceva di avere scritto una lettera al Duce per dissuaderlo dal prendere parte al conflitto. Tralasciando qui il fatto che un giovane fratello di mia madre, sottoufficiale dell’esercito italiano, a guerra finita, cioè a fari spenti, mentre andava da solo, in moto,  dalla fidanzata napoletana sfollata in quel di Avellino, è stato aggredito in una imboscata nei pressi di Jesi  da un gruppo di partigiani, violentato e barbaramente ucciso; tralasciando questo crimine orrendo, io mi sono sempre chiesta perchè mai dovevo festeggiare il 25 aprile la ” liberazione”  dell’Italia dagli italiani avvenuta in maniera cruenta da parte degli americani .E anche in questo caso mi sono messa a cercare e ricercare con la mia solita testardaggine, fino a quando quasi per caso  ho incontrato Guglielmo Marconi, la cui memoria però richiama il Fascio e, quindi, va cancellata.

Sic transit gloria mundi.

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Stabat mater dolorosa

 

 

” I più coraggiosi sono coloro che hanno la visione chiara di ciò che li aspetta così della gloria come del pericolo e tuttavia l’affrontano” -Tucidide

Questa volta è diverso.

Questo è un canto d’amore e di dolore, di rabbia e di orgoglio, come direbbe Oriana Fallaci, di pietas nel suo significato originale e pregnante di sentimento di amore e condivisione dei doveri verso la società, le istituzioni e gli affetti.

Non amo le celebrazioni post mortem e non avevo mai citato, prima d’ora, Borsellino e Falcone, per non profanarli. Lo stesso ho fatto sempre nei confronti di tutti gli altri rappresentanti delle istituzioni morti ammazzati, la cui memoria, secondo me, troppo spesso, viene oltraggiata da ipocrisia e bigottismo. Preferisco onorare le persone da vive.

Questa volta è diverso.

Mi è capitato, per caso, di sentire Ruggero Cappuccio dire qualcosa di questo suo lavoro, sono corsa subito in libreria, e per un giorno ho tradito Evola. Ed eccomi qua.

Il motivo principale che mi ha sollecitato a questa lettura è stato il fatto che nel testo sono riportate fedelmente le deposizioni rilasciate dai due magistrati palermitani nell’audizione presso il CSM il 31 luglio 1988, delle quali è stata autorizzata la divulgazione il 12 settembre 2012.

Non conoscevo l’autore, Ruggero Cappuccio, scrittore e regista televisivo, di teatro e di cinema, napoletano di Torre del Greco,

Prima di tutto qualcosa sul titolo : in quel gerundio passato c’è tutto il significato dello scritto, secondo me.  Il magistrato racconta il suo passato  e il rapporto suo, di Falcone e di tanti altri per i quali lo Stato, l’Istituzione, non è certo è stato “amico”, anzi.

 

Il libro si legge d’un fiato, la lettura è scorrevole, il contenuto pesante, che mi ha fatto piangere.

Ogni capitolo, che l’autore chiama “movimento” porta come titolo un verso dello Stabat mater dolorosa, una preghiera medievale  in latino che racconta il dolore di Maria per il figlio morto ammazzato; e come riferimento un pensiero di Tucidide.

Un lavoro raffinato e sofisticato, portato in teatro in diverse città e trasmesso come docu-film dalla Rai, che adesso diventa libro.

E’ Borsellino stesso, dunque, a dire di se stesso,  dell’amico Falcone e di tutti gli altri morti ammazzati, giudici, poliziotti, agenti delle scorte, un lungo elenco, e della sua famiglia e dei suoi interessi e svaghi, il pallone, la musica…………

Denuncia, Borsellino, l’assenza dello Stato, quello Stato che dovrebbe proteggere e tutelare i propri cittadini e che invece si pone di traverso come una controparte dalla quale ci si deve difendere.

Questa  è una condizione che personalmente subisco, da sempre mi sento tradita dallo Stato, che mi dovrebbe rappresentare, che dovrebbe essere la mia massima espressione, e che invece pare si avventi su di me con i tentacoli di una piovra. Come mi trovassi deportata in un campo di concentramento di kafkiana memoria, ahimè !

Per Cappuccio mi verrebbe da dire, un napoletano che a Borsellino e a Palermo dedica un’ode intrisa di profonda  sensibilità partenopea e dell’essenza della sicilianità di Palermo come valore aggiunto.

Proprio Borsellino dice : ” Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perchè il vero amore consiste nell’amare quello che non ci piace, per poterlo cambiare”.

Questo testo, come la pièce,  andrebbero inseriti nei percorsi didattici di tutte le scuole.

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Proprio così, come un brutto scherzo il primo aprile di quest’anno ha portato via un amico, un uomo speciale. Non conoscevo personalmente Giacomo Battaglia, ma l’ho sempre sentito come uno di famiglia, mi arrivava con empatia qualsiasi cosa dicesse, qualsiasi ruolo impersonasse. questa la vera dote di un artista completo, fare identificare lo spettatore con il protagonista, nel nostro caso , lui. Reggino purosangue, sempre fiero di questo valore aggiunto che ha portato in giro sui palcoscenici teatrali, dalle tribune dei campi di calcio a narrare della sua Reggina, davanti alla macchina da presa, sempre col sorriso contagioso con il quale rendeva leggero anche un pensiero, un problema importante. Artista eclettico, professionista colto, serio, mai compiaciuto, passava con sofisticata naturalezza dai ruoli comici a quelli drammatici, senza mai risparmiarsi. Non amo i funerali, una funzione che evito il più possibile, non mi piacciono gli elogi funebri, preferisco cantare la vita. Non posso però ignorare il fatto che Giacomo Battaglia sia partito per un lungo viaggio senza ritorno e mi sento in dovere di rendergli omaggio a modo mio, così, con queste poche righe. Bravissimo in tutto quello che ha fatto, ma quando penso a Giacomo Battaglia il mio pensiero corre alla superba interpretazione nel film Liberarsi-Figli di un Dio minore, un lavoro scomodo e molto coraggioso del regista reggino Salvatore Romano,  che racconta i famosi Fatti della Rivolta di Reggio Calabria del 1970. Un film che dovrebbe essere proiettato nelle scuole e studiato in profondità. Grazie di cuore amico mio. Arrivederci in qualche modo.

 

E poi, Giacomo, per cortesia,

dici al Padreterno

che pure con te ha sbagliato,

ha spezzato un albero affollato

di ricchi frutti di ingegno raffinato,

mai appagato.

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