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Archive for the ‘Di tutto un pò’ Category

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Sono un vero e proprio topo di biblioteca , sono curiosa e ho uno stimolo compulsivo a leggere. Devo necessariamente selezionare tra i canali che mi giungono innumerevoli, perchè nel mio caso pare sia vero che è proprio il libro a scegliermi, per diversi percorsi spesso imprevisti. Prima di tutto la storia, con la quale ho avuto i primi approcci da piccola, quando, seduta sulle sue ginocchia, Stefanuzzu, mi raccontava i fatti della mia famiglia tra le lacrime che scorrevano tra i solchi delle suo viso rugoso, vissuto generosamente. La storia, per cercare di capire quello che i libri di scuola non dicono, nascondendo la realtà, del passato e del presente. la filosofia, certo, per meglio districarmi nel groviglio dei miei pensieri. I saggi, dei quali ho fatto indigestione in questi ultimi anni cercando e ricercando sempre la verità, spesso celata in modo fraudolento dai cosiddetti mezzi di informazione. In questo pelago di sentimenti ed emozioni mi arriva una ventata di leggerezza. Il mio primogenito mi ha fatto dono di “La piccola libreria dei Segreti”,  vera boccata di aria fresca. che mi ha fatto tornare ragazza, quando divoravo i libri di formazione con i quali mamma nutriva quotidianamente me e mia sorella. Ambientato proprio in una piccola e antica libreria di un piccolo centro, il libro narra di una giovane donna, che per diversi casi della vita si ritrova a scoprire fatti di famiglia a lei sconosciuti, che le fanno apprezzare valori intimi, trascurati dalla frenesia della sua vita fin troppo impegnata per sbarcare il lunario, e a poco a poco ricostruisce intrecci e affetti misconosciuti. Uno scritto romantico in una trama complicata che potrebbe sembrare scontata, ma risulta importante e mai banale in una lettura piacevole, che mi ha fatto respirare odori forse seminascosti del patrimonio di sensazioni dell’anima. Oggi, più che mai, c’è bisogno di scritti come questo, soprattutto per quelle ragazze che, abbagliate dalle luci effimere della ribalta, inseguono l’apparenza di successi e costumi facili. “La Piccola Libreria dei Segreti” di Jenny Colgan aiuta a riscoprire la felicità duratura nelle cosiddette piccole cose del quotidiano con consapevole certezza che nei luoghi dell’anima, l’anima ritrova sempre la propria essenza. E comunque il libro è adatto a tutte le età, perchè un po’ di romanticismo per riscoprire sentimenti ed emozioni non guasta mai.

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L’amore  basta all’amore -Gibran

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Febbraio, il mese più corto dell’anno è anche il più gradevole e amabile e allegro. Ed è anche quello molto cantato e celebrato da poeti e scrittori. Febbraio è un mese invernale, caratterizzato di solito da abbondanti nevicate, che portano allegria e, infatti, si festeggia gioiosamente con il carnevale, festa di spensieratezza, per rompere la monotonia del quotidiano. Febbraio è anche il mese dell’Amore, quello con la A maiuscola, come comanda San Valentino, che viene ricordato proprio il 14 di questo mese, con la festa degli innamorati. L’amore. Questa parola, di origine sanscrita-indoeuropea significa letteralmente desiderare in modo integrale, totale.
Forse non è per caso che in questi giorni appare in libreria l’ultimo nato di Marcello Veneziani, che proprio sull’amore fa un trattato filosofico-politico-sociale ; e in libreria si vede pure l’ultimo lavoro di Candida Morvillo sull’amore romantico-sentimentale, a dimostrazione che, come diceva il Vate ” amor che move il sole e l’altre stelle”, anche se  nella società attuale si abusa della parola privandola, così, del suo significato intrinseco. Qui e ora, io, però, voglio dire di qualcosa d’altro. Tra coriandoli e stelle filanti io vado a Venezia , dove, tra un carro allegorico e una gondola,  nella vetrina del “Ponte dei Sogni” , un luogo magico di giochi, curiosità e quant’altro per grandi e piccini, fa capolino un libro, “Poesie d:Amore” che è una vera e propria opera d’arte, una autentica chicca. Libro che, per  San Valentino, mio marito mi ha regalato in anticipo. “Poesie d’Amore” dell’artista-pittore Giorgio Ghidoli   è libro di poche pagine in cartoncino. Un lavoro nuovo e originale. La poesia di Neruda, Tagore, Gibran e pochi altri che hanno cantato in maniera sublime il sentimento, dentro una cornice floreale e con accanto il disegno in primo piano della donna in diversi atteggiamenti nello sfondo rigorosamente di Venezia. Illustrazioni delicate ed eleganti, proprie del tratto  sofisticato e immediato dell’autore.  E già, perchè Giorgio Ghidoli, milanese di nascita, ha trovato il suo habitat “naturale” a Venezia, della quale città sono intrise gran parte dei suoi lavori. Disegni, illustrazioni, dipinti, ritratti, contraddistinguono lo stile di un artista poliedrico, eclettico, dal tocco raffinato e  dalle infinite risorse. Tengo il libro  sul comodino, e quando di notte a letto non mi viene sonno, leggo una poesia e guardo il disegno : mi trasmettono serenità

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Panagulis

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Viaggio per inesplorate acque su una nave
che, come milioni di altre simili, peregrina
per oceani e mari
su rotte regolari
E altre ancora
(molte, davvero molte anche queste)
gettano l’ancora nei porti.

Per anni ho caricato questa nave
Con tutto quello che mi davano
e che prendevo con enorme gioia
E poi
(lo ricordo come fosse oggi)
la dipingevo a tinte sgargianti
e stavo attento
che non si macchiasse in nessun punto
La volevo bella per il mio viaggio
E dopo avere atteso tanto -proprio tanto
Giunse alla fine il momento di salpare
E salpai…

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Nave io e capitano
ed equipaggio per trovarti
fammi a pezzi
ma non farmi sanguinare il corpo

Quando mi trovai in mare aperto
onde immense mi travolsero
e mi straziarono per rivelarmi
amare verità che ignoravo
Verità che dovevo imparare
Nell’abbraccio dell’oceano
con un lungo furente fragore
la solitudine
divenne per me faro del pensiero
indicando strade nuove

Il tempo passava e io
iniziavo a tracciare la rotta
ma non come mi avevano insegnato al porto
(anche se la mia nave mi sembrava diversa allora)
Così il mio viaggio
ora lo vedevo diverso
senza più pensare a porti e commerci
Il carico mi appariva ormai superfluo
Ma continuavo a viaggiare
conoscendo il valore della nave
conoscendo il valore della merce

E continuo ancora il viaggio
che scricchiolino incessantemente le giunzioni
sperando che non si spezzino
perché sono legni marci da anni
(secoli dovrei dire)
verniciati di recente ma senza
una forza nuova che li tenga uniti
la rotta sempre contro il tempo
nella stiva solo zavorra
Zavorra che mi dissero
merce preziosa, come quella
che di solito si compra nei porti
Ma se dicessi che mi hanno ingannato
non sarei onesto
osservo la bussola
senza sosta
con accanto la mappa
su cui studio la rotta
lontano dai porti che segnalano il passaggio
Quando poi succede che splendano
(che istanti difficili!)
all’orizzonte i porti della terra
l’equipaggio guarda le luci
(luci sirene
che promettono molto
che anche il cuore e la carne pretendono)
sempre aspettando che dica
al timoniere di far virare la nave
E attraccare almeno un poco
Mentre l’ora trascorre e io
osservo silenzioso la carta
tutt’intorno cresce il tumulto
Proposte subdole
vestite con idee
idee vendute che vogliono sempre
aornare l’inazione con le parole
e minacce
che vogliono passare per consigli
e promesse
che tentano la bestia e la risvegliano…
Quelle sono ore difficili
Perché da ognuna di loro
Dipende l’intero viaggio
E continuo ancora il viaggio
Desideri radicati nell’anima
sono diventati bussola per la mia nave
la mia mappa
altrettanto misteriosa
Ci sono ore in cui credo
che sia stata fatta
per chi non voglia approdare in nessun porto
e altre ore in cui confido
che il viaggio avvenga perché
su questa carta bisogna trovare
qualche cosa che manca
Così vado alla ricerca
guardando la mappa la bussola il cielo
in cielo, rintracciare segnali
nuove prove che dimostrino
che la bussola non sbaglia nel segnare
Non stupirti, questo non significa
che io abbia dei dubbi sulla mia bussola
E’ solo un’abitudine- una vecchia abitudine
che per secoli accompagnava l’anima
questa compagna
preziosa per i tempi bui
quando c’erano soltanto i semi nell’anima
degli amori che ora sono fioriti

E vado alla ricerca
Guardando la mappa la bussola il cielo
Le onde immense sembra che cerchino
di fare il gioco di chi vuole
che attracchi da qualche parte per un po’
E’ ognuna
di quelle onde un Golgota
e pensa
che la tempesta imperversa ininterrotta
Ma mentre aumenta
temo sempre più
che la spaventosa furia del mare
mi conduca ad avvistare
porti là sulla costa
porti che la mia mappa non indica
Sono ostacoli e momenti difficili
l’abbiamo detto
l’equipaggio comincerà a ribollire
quando quei porti appariranno sulla costa

E continuo il viaggio
alla ricerca ancora
pur sapendo di essere
nell’infinito del tempo un istante
nell’abisso dello spazio un puntino

E continuo il viaggio
anche se sono tenebra
e tutto attorno a me è tenebra
e la tempesta lo rende più spaventoso

E continuo il viaggio
e mi basta
che io tenebra
abbia amato la luce

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Cercavo una trottola e cosa ho trovato?!

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A me piacciono le trottole, tutte. Da bambina, la trottola era il mio giocattolo preferito . Nel mio dialetto è chiamata “rumbula” : piccola, di legno con in punta un chiodo appuntito che gli adulti di famiglia e amici caricavano a mano girando e rigirandovi intorno una cordicella, che poi lasciavano andare liberando e la rumbula girava velocemente su se stessa. Mi incantavo a vedere questo piccolo oggetto girare vorticosamente su se stesso, mentre i grandi facevano a gara a chi riusciva a farlo girare più a lungo. Un vero spettacolo per me. Da piccola io non riuscivo a fare questa operazione, che richiede una certa destrezza e quindi ripiegavo sulla mia trottola , di legno, quella che spingendo ripetutamente un pistone caricavo io stessa facendola girare. Mi piaceva e basta, forse perchè sono stata sempre un tipo movimentato e dinamico sia fisicamente e molto di più mentalmente, fatto sta che per me era affascinante vedere girare la trottola ; metafora della vita? E già la vita, un vortice che gira continuamente senza un attimo di respiro. Fatto sta, tornando dunque alla mia trottola, che da qualche tempo mi era tornato il desiderio di comprare una trottola, di legno, come quella che avevo da piccola per giocare con i miei nipotini. Nei negozi della mia città le trottole di legno, e neppure di altro materiale in verità, non esistono e ogni tanto cercavo su internet. E un giorno, mentre cerco online, tra le tante immagini, mi pare di scorgere una trottola insieme a tanti altri giocattoli di legno. Mi fermo, apro e vedo, cosa vedo ?

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un “Ponte dei Sogni”?! ; per appagare la mia solita innata curiosità esploro. E vedo tanti giochi e giocattoli per piccoli e pure per grandi rigorosamente in legno , tutti fatti a mano, e libri cartacei con illustrazioni. Il negozio si trova a Venezia. Titolare del negozio è Giuliana Ghidoli. Il cognome mi dice qualcosa, perchè una mia prima cugina, Mimma Romeo, tempo fa, ha sposato un Ghidoli, blasonato imprenditore milanese; una bella famiglia con quattro figli cresciuti, appunto, a Milano. Purtroppo la frenesia della vita non mi ha consentito di mantenere rapporti stretti con tutti i miei numerosi parenti, ma sono sempre attenta e provo vera gioia quando riscopro un qualche consanguineo. Cerca e ricerca, dunque, trovo che il papà di Giuliana è proprio uno dei figli di mia cugina, Giorgio Ghidoli, appunto, stimato autore di dipinti, molto noto anche all’estero, che espone nella sua galleria in un punto storico di Venezia, autore di libri, ritratti e illustrazioni soprattutto su Venezia, ma non solo: la sua arte spazia, infatti, su diversi argomenti. “Ponte dei Sogni”, il negozio di Giuliana è un tuffo nell’incantesimo, in un mondo magico, altro che realtà virtuale, qui tutto si tocca con mano, è tutto vero. Acquisto qualcosa giusto per entrare in comunicazione e quando sono quasi sicura del legame, mi presento e ci presentiamo.
Dalla rumbula quindi una gioiosa sorpresa . è proprio vero che la vita gira e rigira come una trottola.

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21 ottobre 2023.

Nella settimana che si conclude oggi nel mio condominio la Ditta incaricata ha iniziato i lavori del cosiddetto superbonus 110%.Una misura che a me non piace proprio sia nel merito che nella forma.  110% significa, alla mia comprensione limitata, che, se spendo 100 per adeguare la mia abitazione agli standard previsti dalla norma, lo Stato mi gratifica 10. Qualcosa di semplicemente assurdo nella formula. Si tratta di soldi pubblici, cioè dei cittadini che versano allo stato tasse onerose, e che poi lo Stato ridistribuisce. A questo proposito inoltre c’è da dire che, secondo un principio base di macroeconomia, in cambio delle tasse lo Stato dovrebbe garantire ai propri cittadini istruzione, sanità e difesa, tre comparti che ormai da tempo in Italia sono semplicemente disastrati, mentre le finanze pubbliche vengono disperse in mille rivoli diversi con sciupio enorme.  Di fatto, poi, nell’applicazione pratica, per il proprietario non esiste gratifica alcuna, anzi, spesso, è chiamato a pagare somme più o meno importanti Entrando nel merito della misura, l’opera fondamentale del progetto è il tanto famigerato cappotto, che dovrebbe servire ad isolare il fabbricato mitigando caldo e freddo climatico ponendo nell’intercapedine sostanze coibenti. Ce ne sono tante, dal sughero, il migliore in assoluto, alla fibra di legno, alla fibra di canapa, alla lana di pecora, alla lana di vetro. Per i lavori nel fabbricato dove vivo, è stato scelto come isolante il polistirolo, il più economico, probabilmente inquinante, perchè si tratta di materiale non naturale, che, secondo me, tra qualche anno, la UE provvederà a dichiarare fuori legge, non conforme a standard ambientali. Nelle assemblee condominiali, le delibere vengono approvate all’unanimità sulle chiacchiere degli amministratori e se qualcuno si azzarda a porre qualche domanda, viene trascurato, anzi emarginato e considerato bastian contrario, e polemico. Quando invece dovremmo essere tutti i proprietari  critici e tutelare i nostri interessi.  Secondo me questa misura, insieme al reddito di cittadinanza, è qualcosa di abominevole, fatta dai 5 stelle per distribuire soldi a pioggia evitando i controlli, che contribuiscono in maniera rilevante all’impoverimento del sistema Paese. da considerare pure che su queste misure mancano controlli, per cui le truffe sono all’ordine del giorno con speculazioni e guadagni illeciti nell’ordine di centinaia di migliaia di euro. Altro che finanziaria!

Riprendendo l’argomento della fattispecie , cioè dei fatti condominiali, devo registrare  ancora che l’opposto succede con la manutenzione ordinaria del terrazzo, che dovrebbe essere curata all’incirca ogni 2 anni, e qui è stata  ignorata per oltre un decennio; le mie sollecitazioni in merito sono cadute nel vuoto, anzi sono state considerate scomode, mentre gli amministratori per la negligenza, commettono reato civile ( art. 1710 cc)  e pure penale ( art 677cp). I condomini che fanno parte del consiglio e dovrebbero collaborare facendo da tramite tra tutti i condomini e gli amministratori, sono pure essi latitanti  come fossero invece la mia controparte .

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A margine di queste considerazioni, il mio pensiero corre ad un problema, che dovrebbe, secondo me, essere prioritario per gli amministratori della res publica e per i cittadini tutti, cioè la mancanza, in Italia, dei rifugi antiatomica, o antiatomici che dir si voglia., una soluzione abitativa necessaria per evitare il contatto con eventuali sostanze contaminanti radioattive. Non sto farneticando, come qualche condomino sostiene, e vediamo perch: In Svizzera, un Paese neutrale per eccellenza una legge federale del 1963 stabilisce che ogni abitazione deve avere il relativo rifugio antiatomico nel sottosuolo. Inoltre, sempre in Svizzera, sono stati costruiti molti rifugi pubblici attrezzati, per cui in totale la Svizzera ha una disponibilità di ricezione superiore alla popolazione residente. Per non dire degli Stati Uniti, dove esistono intere città sotterranee attrezzate a rifugi antiatomici. In Europa, dopo Svizzera, Finlandia e Norvegia sono parzialmente attrezzate. E l’Italia ? La solita cenerentola. Intanto non c’è una mappa, non è dato sapere se ci siano rifugi privati e non c’è una qualche legge in materia. Ci sono pochi, pochissimi rifugi sotterranei risalenti ai conflitti mondiali, non attrezzati, in costruzioni patrizie in Lombardia, Piemonte e Lazio, spesso adesso considerati siti turistici .

Costruire un bunker antiatomico per 5 persone costa tra i 60 e i 90 mila euro. Almeno ci fossero quelli pubblici in Italia, ma lo Stato italiano preferisce disperdere risorse invece di utilizzarle a buon fine.

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Ci ho pensato e ripensato prima di scrivere qualcosa su questo libro, ma poi è come se l’imperativo categorico, kantiano, mi obbligasse a farlo. La mia resistenza consisteva nella riflessione che scrivendo qualcosa in merito, maltrattassi il lavoro dell’autore, ma ormai cosa fatta capo ha e chiedo umilmente scusa  a  Venanzoni se ho osato tanto.

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Questo lavoro andrebbe studiato parola per parola, dai politici e dai sanitari, che hanno abusato dei propri cittadini e andrebbe adottato nelle scuole, per far capire che la libertà di pensiero e il rispetto per se stessi e per gli altri non possono  essere barattati  con paure  di mostri inesistenti.

Dovrebbe essere adottato come libro di testo al liceo e all’università, anche per dimostrare come in poche pagine si possono esprimere concetti importanti nel contenuto e nella forma. Da sottolineare, infatti, la forma  della lingua rigorosamente italiana , la cui conoscenza profonda, consente all’autore di esprimere con  diverse sfumature e  con particolare efficacia le proprie riflessioni, risultato di attente osservazioni specialistiche , da parte di uno studioso nel campo giuridico-legale-sociale qual è il Dott. Venanzoni.

In poco più di 100 pagine l’autore, con linguaggio elegante, ricercato, pure sofisticato,  condensa, descrive, analizza, le scelte assassine e demenziali che l’Italia, insieme a buona parte del  cosiddetto Occidente, ha fatto negli ultimi anni in nome di un’emergenza fittizia, che serve solo a manipolare e assoggettare i popoli,  facendo leva sul terrore della morte, come se si potesse esorcizzare, anzi evitare, un passaggio ignoto che appartiene ad ogni essere umano a tutte le latitudini. Per indurre il popolo a seguire le proprie decisioni, i poteri forti applicano la strategia tecnica della manipolazione di massa, fondata sulla diffusione del terrore panico della paura della morte con la complicità dei mezzi di informazione, che fanno il lavaggio del cervello inducendo, anche persone acculturate ad abiurare al proprio credo, alle proprie convinzioni anche le più radicate, e abbracciare la scelta della “servitù volontaria” , per la quale l’individuo crede di scegliere liberamente ciò che gli viene imposto, e magari sottoscrive pure che si tratta di scelta libera, personale e, appunto, volontaria.  La strategia è antica, ed è stata descritta da filosofi e sociologi sia nel passato più o meno lontano, che in tempi più recenti. Venanzoni ne dà conto ampiamente citando scritti importanti sulla questione. Da Camus a Valery, da Sisto a Schmitt, da Hobbes a Bodin, da Sustein a Frank,da Butler a De La Boetie e tanti tanti altri che si sono esercitati nella narrazione di diversi aspetti della condizione umana nella vita sociale.

L’intreccio tra controlli, verifiche, strumenti di contrasto preventivo, ideati e adottati nelle epoche del terrorismo, delle pandemie, della sicurezza urbana e dell’esplodere della criminalità organizzata produrranno paradossalmente, per reazione, un surplus di emergenze, in un circuito vizioso senza fine. Un circuito che però rimane invisibile per le coscienze dei cittadini, ormai immersi in una coltre di soggezione psichica.”

“L’obbedienza al potere costituito, cesellata dal ricorrere di continue emergenze, è prodotta da un completo rovesciamento di senso, capace di annichilire il pensiero critico”

“Non può essere lo stato a proteggerci, quasi un una prospettiva da racket……l’illusione dell’abbraccio confortante e catartico degli apparati pubblici in grado di salvarci la vita, medicalizzando ogni singolo giorno e spostando in apparenza l’asticella della nostra sopravvivenza, è il ricatto morale che ci spinge  sempre più a fondo nel grembo della soggezione.”

“….la libertà strutturale, naturale, ontologicamente connessa alla matrice di individuo, è proprio quella di auto determinazione:….solo l’individuo può avere piena e razionale contezza di quali siano i propri benefici, e per questo qualunque imposizione di legge, tra quelle del tipo emergenziale, deve essere culturalmente mostrata per quello che è, un atto di tirannia adottato solo per fini di conservazione dello status quo e sull’onda montante di un pericolo assai spesso prolungato artificialmente oltre la propria reale permanenza”.

” La libertà individuale è l’essenza della vita, di una vita libera appunto, ma anche giusta, eguale e felice : e la felicità è quindi non solo scopo servente e ancillare rispetto al godimento della propria condizione di cittadino, ma anche elemento di protezione  dall’angosciante paura della caduta, della rovina, della morte”.

A questo punto non posso fare a meno di sottolineare un concetto fondamentale sulla libertà dell”individuo, del cittadino consapevole, che l’autore affida a Rothard, l’eclettico filosofo-economista-politico-storico-giusnaturalista americano ; il quale ,nel saggio Nazioni per consenso, sostiene : “….ogni gruppo e ogni nazionalità dovrebbero aver modo di secedere da ogni altro Stato Nazionale e di congiungersi con ogni altro Stato nazionale che concordi nel riceverlo. Quella semplice riforma farebbe percorrere un buon tratto di cammino verso l’istituzione di nazioni per consenso“” E così, dunque, Venanzoni sottolinea  ” in un patto sociale che leghi tra loro i soggetti in un dato assetto statale nazionale dobbiamo anche postularne una facoltà di recesso :la secessione individuale o di gruppo,  ….oppure la disobbedienza……. e la secessione individuale diventa tanto più fondamentale ed essenziale quanto più stringenti sono le maglie del prolungamento dell”emergenza”

Proprio “La frase chiave della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati uniti -life, liberty, and the pursuit of happiness”-      sta ad indicare esattamente la tensione inesausta verso la vita con la libertà e la felicità”

A margine  di queste considerazioni, mi rendo conto che sono stata molto riduttiva e, in un certo senso, ho oltraggiato lo scritto di Venanzoni, ; ma in ogni parola, in ogni frase, ho ritrovato il mio pensiero, che è impresso nel mio DNA e che in questi anni di cosiddetta emergenza si è ancora maggiormente affermato contro le scelte assassine di uno Stato canaglia, che, comunque, mi ha violentato abusando del proprio potere, anche se personalmente ho disobbedito  In questo contesto la possibilità di poter  secedere, il  principio di autodeterminazione  scalfito  nella mia anima, che spesso mi ha spinto ad agire da sola,  si impone con prepotenza.

Anche se purtroppo rimane solo una aspirazione, grazie Venanzoni, mille grazie, dopo aver letto queste pagine mi sento meno sola.

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Marzo 1821

Alessandro Manzoni, il patriota per eccellenza

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Soffermàti sull’ arida sponda,
volti i guardi al varcato Ticino,
tutti assorti nel nuovo destino,
certi in cor dell’antica virtù,
han giurato:Non fia che quest’onda
scorra più tra due rive straniere:
non fia loco ove sorgan barriere
tra l’ Italia e l’ Italia mai più !

L’ han giurato: altri forti a quel giuro
rispondean da fraterne contrade,
affilando nell’ ombra le spade
che or levate scintillano al sol.
Già le destre hanno stretto le destre;
già le sacre parole son porte:
o compagni sul letto di morte,
o fratelli sul libero suol.

O stranieri, nel proprio retaggio
torna Italia, e il suo suolo riprende;
o stranieri, strappate le tende
da una terra che madre non v’ è.
Non vedete che tutta si scote,
dal Cenisio alla balza di Scilla ?
non sentite che infìda vacilla
sotto il peso dé barbari piè ?

O stranieri! sui vostri stendardi
sta l’ obbrobrio d’un giuro tradito;
un giudizio da voi proferito
v’ accompagna all’ iniqua tenzon;
voi che a stormo gridaste in quei giorni:
Dio rigetta la forza straniera:
ogni gente sia libera, e pera
della spada l’ iniqua ragion.

Se la terra ove oppressi gemeste
preme i corpi dé vostri oppressori,
se la faccia d’ estranei signori
tanto amara vi parve in quei dì;
chi và detto che sterile, eterno
sarìa il lutto dell’ itale genti ?
chi và detto che ai nostri lamenti
sarìa sordo quel Dio che v’ udì ?

sì, quel Dio che nell’onda vermiglia
chiuse il rio che inseguiva Israele,
quel che in pugno alla maschia Giaele
pose il maglio, ed il colpo guidò;
quel che è Padre di tutte le genti,
che non disse al Germano giammai:
va, raccogli ove arato non hai;
spiega l’ ugne, l’ Italia ti do.

Cara Italia! dovunque il dolente
grido uscì del tuo lungo servaggio;
dove ancora dell’ umano linguaggio
ogni speme deserta non è;
dove già libertade è fiorita,
dove ancor nel segreto matura,
dove ha lacrime un’ alta sventura
non c’ è cor che non batta per te.

Quante volte sull’ Alpe spiasti
l’ apparir d’ un amico stendardo!
quante volte intendesti lo sguardo
né deserti del duplice mar!
ecco alfin dal tuo seno sboccati,
stretti intorno à tuoi santi colori,
forti, armati dé propi dolori,
i tuoi figli son sorti a pugnar.

Oggi, o forti, sui volti baleni
il furor delle menti segrete:
per l’Italia si pugna, vincete!
Il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per voi la vedremo
al convinto dé popoli assisa,
o più serva, più vil,più derisa,
sotto l’ orrida verga starà.

Oh giornate del nostro riscatto!
oh dolete per sempre colui
che da lunge dal labbro d’ altrui,
come un uomo straniero, le udrà!
Che à suoi figli narrandole un giorno
dovrà dir sospirando: io no c’ era;
che la santa vittrice bandiera
salutata quel dì non avrà.

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Giovedì 21 Ottobre 2010, Il quotidiano “Il Mattino”, ha pubblicato un articolo che parla delle meraviglie che riserva il Tunnel.


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Via delle Memorie

Paolo Barbuto «Noi vivi»: è un sospiro di sollievo, un urlo liberatorio, inciso sulla parete del rifugio di Chiaia con un carboncino. C’è anche una data «26 aprile 1943, allarme delle 13,20». Il tuffo dentro al rifugio di guerra, conservato intatto nel cuore di Napoli, è una delle imprevedibili sorprese del Tunnel Borbonico che, finalmente, apre alla città.

Non più luogo esclusivo per geologi e speleologi ma finestra aperta sul passato, a disposizione dei napoletani e dei turisti. Sabato e domenica l’inaugurazione con ingresso riservato agli invitati. Apertura ufficiale al pubblico a partire dal successivo week end, dal 29 ottobre, con ingresso da vico del Grottone, alle spalle di piazza del Plebiscito, entrando in un basso che fino alla scorsa primavera era uno studio veterinario e che oggi è la «porta» per le viscere della città. Anche quella dello studio veterinario è una delle storie affascinanti del Tunnel che Ferdinando di Borbone volle nel 1853 e che non fu mai portato a conclusione. La scorsa primavera, la dottoressa che occupava quel terraneo sentì qualcuno che bussava: si rese conto che non c’era nessuno fuori della porta e che quel «toc toc» veniva dal sottosuolo dove i geologi guidati dall’inesauribile Gianluca Minin stavano esplorando le cavità. La dottoressa diede il permesso di aprire un varco, si rese conto dell’eccezionalità dell’evento, lasciò il suo amato studio a quei «matti» che erano spuntati dal pavimento e che inseguivano il sogno di portare lì sotto i turisti. Oggi il sogno da «matti» di Gianluca Minin e del suo strettissimo collaboratore Enzo De Luzio, è diventato realtà.

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Com’era prima

E in anteprima il Mattino ha potuto percorrere il tunnel per raccontare sensazioni ed emozioni del viaggio che, fra qualche giorno, potranno compiere anche i visitatori. In attesa dell’apertura su via Morelli, a conclusione dei lavori del garage, l’unico ingresso è quello di via del Grottone. Otto rampe di scale conducono nelle viscere della città e consentono di scoprire segreti affascinanti. Quel tunnel, iniziato a metà ’800 per consentire lo spostamento delle truppe borboniche dal palazzo reale alla caserma di via della Pace, oggi via Morelli, non è stato mai concluso ed è stato utilizzato per anni come deposito giudiziario del Comune. Molti già sanno che lì dentro sono conservati reperti di auto e moto antiche che sono rimaste prigioniere del tunnel e che, oggi, sono esposte in maniera affascinante. Merito di una illuminazione ben congegnata e affatto invasiva. Non tutti, invece, conoscono gli altri segreti del tunnel Borbonico. Il percorso, ampio e confortevole, passa sotto al monte Echia e si infila in antiche cisterne dell’acquedotto settecentesco, sbuca in saloni grandi come cattedrali che furono utilizzati come rifugi di guerra, si dirama in gallerie che conducono a luoghi segreti, si allunga fino al punto dove furono abbandonate le statue fasciste smontate dalle piazze della città.

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Percorso avventura

Dietro un angolo spunta l’incisione di un tempio; alla base di una scala si scorge il «segnale stradale» dei pozzari: il disegno di una montagna sovrastata da una croce. Significava «siete arrivati a Monte di Dio». Lungo il percorso le guide raccontano storie antiche, illustrano ogni particolare, consentono di rivivere emozioni d’altri tempi. Oggi tutto è perfetto, ma quando cinque anni fa il geologo Gianluca Minin, ideatore del progetto, entrò per la prima volta qui dentro, la situazione era drammatica.

Rifiuti, dissesti, abbandono: ci sono voluti duemila giorni e la passione di tanti volontari per trasformare quel tunnel abbandonato nel luogo magico che è oggi. Quei volontari meritano una citazione, per voi lettori sarà un semplice elenco di nomi, quando visiterete il tunnel, vi renderete conto che meritano il ringraziamento della città: i soci dell’associazione Borbonica Sotterranea Gianluca Minin, Enzo De Luzio, Paolo Sola, Marco Ruocco; i volontari Matilde Minervini, Fidelio De Rienzo, Vania Ferraro, Raffaele Gatta, Francesca Ruggiano, Viviana Costabile, Laura Abbruzzese, Arcangelo Bianco, Mena Martino, Gianluca Guarino, Francesco Minervini, Olimpia del Falco, Simona Sapignoli, Ugo Cataldi, Cristina Apollo, Tutti Albanese, Claudio Ferraro, Ninni Magliulo, Marco Luongo, Alessia Furia, Marco Perillo, Gianluca Imparato, Vania de Simone.

Le foto sono del sito https://www.galleriaborbonica.com/

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Ci chiamavano così da piccole, Memè e Mimì, due sorelline con i genitori : una famigliola felice. Un brutto giorno di fine agosto , improvvisamente Giovanni, il re della Famiglia ,accusa un mal di testa che il medico non ha ben diagnosticato, e in men di due ore, ci lascia.
Ricordo i funerali, con noi due rigorosamente vestite di nero, con le solite trecce lunghe, a seguire la bara. Avevamo 5 e 7 anni e ancora non capivamo il senso della vita, che prevede nascita e morte. Ci dicevano la solita frase di circostanza che papà è salito al cielo, ma a vedere le lacrime di mamma, la regina della Casa, non riuscivamo a capire perchè il cielo fosse così cattivo. Noi due, indicate dall’immaginario collettivo dei compaesani come le due povere orfanelle, di fatto siamo state principesse , eredi di valori importanti, tra i quali, come fari sempre accesi, la libertà personale, la ricerca della verità a qualsiasi costo, il rispetto verso tutti, la serietà nei confronti di qualsiasi impegno, e la lealtà; per uno stile di vita sulle ali di sempre del vero, del giusto e del bello.
Le nostre corone in testa sono sempre state le nostre idee, le nostre convinzioni, da portare sempre avanti e da difendere da qualsiasi attacco.
In questi giorni che tanto si è parlato dei principini inglesi, che hanno accompagnato la bisnonna nell’ultimo viaggio, ho rivissuto con particolare emozione quei momenti di 70 anni fa, che sono sempre scolpiti con inchiostro indelebile nella mia memoria.

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“Apriti, apriti, porta di gelo,
ti prego schiuditi, ch’io veda il cielo!” ( Arianna)

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Dopo il capodanno si accendevano falò ovunque…. Le ceneri e i carboni si custodivano in parte nelle case  e in parte erano seminati nei terreni a memoria del fatto che il Sole rinasce e torna a schiarire le tenebre portando con sè ferilità. Il culto del fuoco si perpetuava sino a primavera  inoltrata  …in questo periodo che, oltre a essere  purificatorio, preparavaa un nuovo capo d’anno poichè, secondo il calendario romuleo, febbraio era l’ultimo mese del ciclo.”

I fuochi invernali  sono fenomeni significativi  soprattutto con riferimento a due date , 17 gennaio e primo febbraio, rispettivamnete  ricorrenze di S. Antonio Abate e della Candelora, secondo la riforma gregoriana. Mentre di fatto, entrambe queste solennità sono di origine celtica e anche greca , come il  culto di Demetra-Cerere, la dea che simboleggia il risveglio fertile della terra, con la germinazione del grano, segno di abbondanza e rinascita. A seguire, dunque, la Candelora  cristiana è stata mutuata dalla festa celtica  di Imbolc, ” il ritorno della luce e della vita”  che inizia con i primi segni primaverili, il prolungarsi della luce diurna , la celebrazione della pioggia , elemento fondamentale per il risveglio della natura, che purifica e feconda.

Imbolc, dunque, come  festa di rinascita.

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Il fiore simbolo di Imbolc è il bucaneve. Una leggenda greca , ambientata nell’Egeo riferisce che dal giorno in cui Dedalo-l’architetto del labirinto del Minotauro-seppellì Icaro che era precipitato poichè la vicinanza del cielo ardente rammollì la cera profumata che teneva unite le penne ( Ovidio),il vento piangeva lo sventurato al primo comparire del Sole primaverile.Le stille di dolore, entrando a contatto con la terra, si trasformavano nella fragile corolla bianca del bucaneve. Il suo nome botanico è Galanthus nivalis e vuol semplicemente dire il fiore color latte della neve. E’ l’emblema della speranza e della purezza, è detto anche la campanella del lupo, sbuca di soppiatto nelle campagne denudate dall’inverno o s’infila frangendo il manto innevato per raggiungere i raggi di un Sole ancora tiepido. Il suo apparire equivale a un presagio propizio, come recita un motto  popolare  – una primavera senza bucaneve vuol dire una Estate senza frutti-. il candore della pianta ricorda sia il latte che sfama gli agnelli che la purezza di Bride, Brigid, la protettrice dei fabbri, degli aristi e dei guaritori, la Dea del triplice fuoco. Poi, il bucaneve è entrato nell’iconografia cristiana ed è stato associato alla Candelora che è la festa della Purificazione di Maria, nota anche come la Presentazione del Signore al tempio.”

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Ho  messo in evidenza un brano del bellissimo libro  “I Pilastri dell’anno” di Maurizio Ponticello, che merita di essere letto e metabolizzato come calendario del quotidiano nei dodici mesi della scansione attuale dell’anno.

Infatti Bride o Birgid summenzionata, divinità celtica, associata alla primavera, è stata   cristianizzata  come Santa Brigida e celebrata proprio il primo  di febbraio, giorno della festa  di Imbolc, secondo la prassi seguita dal Cristianesimo di mutuare culti, miti, usanze e celebrazioni precedenti in festività proprie.

Il 2 febbraio, a seguire, la Candelora, la festa della luce, ricorrenza tuttora celebrata in diversi luoghi, in Italia e altrove, soprattutto in Irlanda, con l’accensione di ceri e candele,  con riti che accomunano miti e leggende pagane  con  cerimonie cristiane.

Il Bucaneve, questo fiore simbolo di vita e di speranza è considerato talismano di virtù e ottimismo, perchè spunta mentre la natura è in letargo, proprio in pieno inverno, i primissimi giorni di febbraio, il mese piccolino, un  poco trascurato dai fratelli, che, per certi versi, godono di immagine più fastosa per doni più appariscenti. Da non trascurare però febbraio, perchè proprio nei suoi pochi giorni, contiene lin potenza la forza, l’energia, il vigore della natura nella sua più intima  potenza, che esploderà in tutto il suo rigoglio nei mesi successivi.

Io voglio sperare che, cogliendo il significato più essenziale di questo mese, proprio i suoi giorni possano rappresentare, quest’anno più che mai, il risveglio autentico, l’uscita dal tunnel di un periodo buio, che ha oscurato vite umane e territori, e tirare un sospiro di sollievo con le februae, le famose festività delle Antesterie, che si tenevano presso il santuario di Dionisio, onorando il Dio con le prime libagioni nell’ allegria generale, tra canti e balli che coinvolgevano grandi e piccini.

Nel tempo, con il passare dei secoli e le contaminazioni culturali, molti  significati sono stati modificati e spesso stravolti completamente, come per esempio ” ….il concetto stesso di februae… Ancora oggi, quando parliamo di febbre, è uso comune  indicare una malattia, mentre,in realtà, si tratta di una guarigione dal malanno: nel momento in cui la temperatura corporea si alza, l’organismo umano a sua volta ha elaborato le proprie difese immunitarie e cerca una via di guarigione. Ovvero, di purificarsi”, come racconta sempre benissimo Maurizio Ponticello .

Più che mai attuale.

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