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Archive for settembre 2011

Un vento argentino spazza via l’apocalisse mediatica, il terrorismo climatico-ambientale, e il  business ecologico.

Martín Caparrós
Escritor y periodista
(Argentina)
Martín Caparrós

“Senza offesa, credo che l’enorme attenzione che si sta dedicando alla minaccia del cambiamento climatico si relazioni soprattutto a vantaggi politici ed economici che quei timori possono generare”.

Caparròs si lancia contro l’ambientalismo che si fa business. E lo smaschera a Milano: «Non dico che sia falso, dico solo che è curioso, vale la pena pensarci». Si riferisce alla teoria («O religione?») del cambiamento climatico, Martin Caparròs. Argentino dalla penna acuta, il padre del giornalismo narrativo ha viaggiato in nove diversi paesi del mondo per studiare l’apocalisse, il cambiamento climatico. Lui è andato a vedere cosa accade nei Paesi protagonisti delle conseguenze del cambiamento. E il libro “Non è un cambio di stagione”, in uscita in questi giorni di fine settembre 2011, è il racconto di questo iperviaggio.

Parla di ambientalismo come moda, di ecologismo che si fa religione, del potere delle lobby che spostano milioni di dollari in nome dell’apocalisse annunciata. Quante persone ha fatto arrabbiare con questo libro?

Ride, con la sua voce cavernosa.

Molte, poche, non lo so. Io mi sono arrabbiato molto. Il mio obiettivo non è far arrabbiare le lobby, ma aiutare la gente a pensare.

Ogni storia che racconta ci dimostra che spesso le soluzioni dell’ecologismo creano problemi. Ad esempio opporsi contro il taglio della foresta amazzonica, secondo quanto ha appurate in Brasile, significa negare a centinaia di persone una terra produttiva.

Ci vogliono convincere che non c’è nulla di più pericoloso del cambiamento, che quello che abbiamo è il meglio, e che siamo sempre sul punto di perderlo se non lo conserviamo. Ma non è così. Dobbiamo chiederci a chi fanno comodo queste teorie.

Lei sostiene che la minaccia del cambiamento climatico, che sta già avvenendo con effetti disastrosi sull’ecosistema , è un’apocalisse annunciata e utile.

Ci tengono buoni con la paura. Ma altri si arricchiscono, fanno affari, diventano famosi, vincono nobel, come Al Gore. Vede, in realtà non interessa ai potenti che decidono cosa accade a quei popoli. In Niger ho potuto constatare proprio questo, e contesto questa teoria del cibo organico, perchè non prende in considerazione popoli che muoiono di fame.

Sì, se la prende anche col cibo biologico.

Per avere cibo biologico si eliminano le sostanze chimiche dai processi produttivi e si impoveriscono le coltivazioni che potrebbero con fertilizzanti e altre sostanze sfamare migliaia di persone. Ma a chi importa di loro? Copenghen ha raccolto nel 2009 i potenti della Terra per il vertice sui cambiamenti climatici. Un mese prima, a Roma, al vertice Fao, non c’era alcun grande capo di Stato. I più famosi: Lula, Mubarak e Gheddafi. «E a seguire una commovente lista di presidenti africani».

Stefania Divertito

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Don Valerio Chiovaro

Don Valerio, il sacerdote del “bizzolo” Con una bella lettera scritta dal gradino dell’altare padre Chiovaro saluta la sua nuova comunità

Domenico Malara
Reggio Calabria
La Chiesa reggina sceglie di percorrere la strada del rinnovamento e lo fa partendo dalle parrocchie. Un’esigenza che risponde al ricorrente monito dell’arcivescovo Vittorio Mondello sulla necessità di annunciare il Vangelo in un mondo che cambia.
«La successione pastorale rappresenta il dinamismo, la vitalità e il cammino della Chiesa nell’impegno di procedere verso il Regno di Dio e diffondere il suo messaggio tra i cristiani che lo invocano. È necessario che la Chiesa si rinnovi per poter annunciare Cristo in una società in continuo cambiamento».
Con queste parole l’arcivescovo aveva spiegato ai fedeli della parrocchia della Cattolica dei Greci, tra le più storiche della città, l’avvicendamento tra il vecchio parroco, don Pippo Curatola, e il nuovo, don Valerio Chiovaro. Proprio don Valerio si può dire che rispecchi in pieno quel concetto di rinnovamento tanto caro a mons. Mondello. Un prete giovane che ha alle spalle un cammino importante, con un’esperienza anche a Gerusalemme, ma soprattutto un prete giovane amato dai giovani e Dio solo sa quanto sia importante saper coinvolgere le nuove generazioni nelle attività ecclesiastiche, in un momento in cui la Chiesa deve far fronte allo svuotamento delle proprie parrocchie.

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Che don Valerio incarni tutto questo lo si comprende bene leggendo il messaggio che domenica scorsa, nella sua prima celebrazione da parroco della Cattolica del Greci, ha voluto indirizzare ai fedeli. La lettera dal “bizzolo”, come lui stesso l’ha definita, perché scritta nel silenzio della parrocchia, accovacciato ai piedi dell’altare. «È il silenzio – scrive don Valerio – nel quale riecheggiano le preghiere di tutti, le solenni e sobrie liturgie dove Dio si intromette nel corso della nostra vita. È il silenzio che ha raccolto, in questi anni, le vostre storie, il silenzio nel quale si sedimentano i momenti forti della vostra vita: i matrimoni, i battesimi, il perdono ritrovato, il pane spezzato, l’ultimo saluto ad un proprio caro defunto. È il silenzio che profuma di Chiesa, di mistero, di prossimità, di servizio. Il silenzio che ascolti e che ti ascolta».
E per contemplare questo silenzio don Valerio non ha scelto una comoda poltrona, ma il posto più semplice e grande allo stesso tempo, il “bizzolo” dell’altare, all’ombra del Cristo Crocifisso. «Ho cercato una collocazione utile per scrivere qualcosa – spiega don Valerio –. Agitato, ho attraversato la navata, tra i banchi, nella sedia dell’ufficio parrocchiale. Ma l’unico posto che ha mosso la mano in una “scrittura di getto”, come avviene per le lettere di amore, è questo “bizzolo” dell’altare dove mi sono accovacciato. Mi sovrasta il grande Crocefisso e il quadro della Santa Patrona. Sul “bizzolo” sono tra lo spazio del sacro celebrato, il presbiterio, e lo spazio del sacro quotidianamente vissuto, l’aula liturgica. Sono qui, sul “bizzolo” con Lui, con voi, tra Lui e voi, nel tremendo compito di essere tramite e non ostacolo. Le ferite impresse sul corpo del Crocefisso mi dicono l’amore che è della compromissione con le ferite di tutti. La flebile luce accanto al tabernacolo mi dice l’amore che è gioia, prossimità, speranza, resurrezione. Due momenti miracolosamente sincroni dell’unico mistero. E io sono sul “bizzolo”, scomodo e sereno. sul “bizzolo”, segno del passaggio, dell’ascesa; sul “bizzolo” che va calpestato perché si possa salire; sul “bizzolo” anche per essere accanto a coloro che occupano i “bizzoli” della nostra parrocchia, con coloro che stanno in mezzo alla strada. Ecco, per voi mi sento essere “l’uomo del bizzolo”».
E nel suo saluto alla comunità, don Valerio non dimentica nessuno: «Volevo solamente, da ultimo arrivato, salutarvi. Salutare tutti, bambini, anziani, giovani, adulti; i cattolici che si dicono tali, e quelli che non hanno voglia di esserlo più. I cattolici, quelli veri, che ci fanno arrossire per la loro umiltà e disponibilità, per la santità quotidiana del loro essere autentici uomini e donne di Dio. Salutarvi con la garanzia che c’è un prete, piccolo padre, che prega per voi e vi accompagna, anche nel silenzio e dal silenzio di questa chiesa. In ogni momento, da ogni “bizzolo”».
Ma “l’uomo del bizzolo” sa essere anche operativo e don Valerio non ci ha pensato due volte e si è messo subito al lavoro per e con la sua nuova comunità parrocchiale. Ed ecco i primo appuntamenti: ogni mercoledì, dalle 20.30 alle 21.30, vi sarà l’ora di adorazione eucaristica; sempre ogni mercoledì, dopo la messa delle 18.30, don Valerio ha pensato di proporre un percorso comunitario per conoscere meglio e vivere la dimensione spirituale, anche attraverso la lectio biblica presso la chiesa di San Giorgio al Corso. Don Valerio ha pensato anche ai giovani sposi e alle coppie che dovranno sposarsi, riservando per loro il secondo mercoledì del mese; mentre per le famiglie ci sarà un percorso di “accompagnamento alla genitorialità” dal tema “Genitori-figli, istruzioni per l’uso”, che si svolgerà il secondo giovedì di ogni mese a partire dal 13 ottobre. Altre iniziative saranno comunicate di volta in volta alla fine delle messe domenicali.
«Vi saluto dal “bizzolo” dell’altare – conclude il suo messaggio don Valerio –, insieme ai collaboratori di questa unica famiglia sperando di potervi annoverare, quanto prima, tra questi, nella convinzione che si riceve ciò che si dona e che dedicare un po’ di tempo agli altri, anche attraverso il servizio in parrocchia, è un ottimo modo per scoprire la bellezza di essere Chiesa. Vi benedico di vero cuore, dal “bizzolo” della nostra parrocchia, casa tra le case, famiglia di famiglie».

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Lettura particolare di un cambio stagione.

Il corso dell’anno come respiro della terra  per una volontà di ferro.

La morte annuale della natura e il risveglio delle forze interiori di volontà si bilanciano nell’equinozio d’autunno. Esso segna un’inversione di polarità nella manifestazione delle forze divine, che nei mesi precedenti si erano espresse principalmente nelle forme della natura, nella luce trionfante del giorno e che ora incominciano a pervadere la libera volontà dell’uomo. Quando la luce del mondo declina, l’uomo inizia a percepire sé stesso come portatore di una luce invisibile, non soggetta a tramonto. In tal senso il “dramma spirituale” dell’equinozio ricapitola e sintetizza la vicenda della storia sulla Terra: fine dell’età dell’oro, oscuramento del divino nella natura, sorgere dell’autocoscienza, senso individuale di solitudine cosmica e di responsabilità.

Quel sentimento di malinconia, suggerito dalle foglie che ingialliscono e cadono, deve essere energicamente bandito. La nostalgia del passato, il lamento “tradizionalista” non si addicono all’uomo nobile (all’“arya”): egli sa che nel cosmo ciò che declina e muore è bilanciato secondo giustizia da ciò che sorge e si afferma. Nell’equinozio di autunno si celebra l’affermazione della volontà, la capacità “faustiana” di porsi obiettivi e di perseguirli.

L’elemento alchemico dell’autunno è il Ferro: al ferro materiale che ha forgiato la nostra civiltà tecno-industriale deve corrispondere il ferro spirituale della volontà, concretamente – e razionalmente – esercitata.

Gli Dei benedicono l’azione concreta, la volontà che si afferma in progetti ben definiti o che si volge alla formazione di sé (alla Bildung).

In autunno, gli spiriti di natura fanno ritorno alla Terra. Riaspirati alle radici del terreno si sottopongono alle forze della gravità. La festa d’estate svanisce, ma nell’animo dell’uomo libero non vi è spazio per la malinconia.

Quando la natura si spegne bisogna volgersi alla coscienza di sé. La festa dell’equinozio che apre l’autunno è la festa dell’autocoscienza forte e libera, è la festa dell’iniziativa piena di energia, della liberazione da ogni timore e da ogni condizionamento dell’animo. Quando la natura esteriore si spegne e la vegetazione appassisce, cresce in compenso tutto ciò che si lega all’iniziativa interiore. Forze di volontà si liberano, l’Anima del Mondo esorta l’individuo a diventare più coraggioso.

Nel giorno dell’equinozio si celebra la festa del forte volere.

Al culmine dell’estate erano divenuti visibili i grandi stormi meteoritici che contengono il ferro cosmico. Quel ferro piovuto dal cielo in direzione della terra contiene l’arma degli Dei contro il drago-Ahrimane che vuole rubare agli uomini la luce animica, avvincendoli tra le sue spire. Allora il sangue umano si pervade di ferro: milioni di sfavillanti meteore turbinano nel sangue donando all’organismo l’energia per combattere ogni paura, ogni terrore, ogni forma degradante di odio. Come il volto dell’uomo quando corre diventa rosso vermiglio, così il corpo sottile dell’uomo irradiato di ferro cosmico comincia a emanare energia.

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Linee fondamentali di una moderna concezione del mondo Nelle antiche mitologie ricorrono figure di divinità solari, giovani divinità dorate che abbattono un drago o un serpente che sale dalle viscere della terra. Quando le giornate di autunno si rabbuiano e si rinfrescano, quando cadono le foglie e le prime piogge, evoca nella fantasia queste figure divine mentre abbattono il drago: esse sono il simbolo della autocoscienza vittoriosa, che si sveglia dal sonno dell’estate, pronta a realizzare con decisione i propri obiettivi.

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Si immagini il drago, il cui corpo è formato dalle correnti sulfuree che salgono dalla terra accaldata d’estate: queste correnti gialle e azzurrognole formano le squame, le placche, le spire del drago. Ma ecco sul drago librarsi il dio dal volto di sole: egli brandisce la spada, in una atmosfera satura di saettanti stormi meteoritici. In virtù della luce dorata irradiante dal cuore del dio le meteoriti si fondono in una spada di ferro, che penetra nel corpo dell’antico serpente e lo distrugge. Alimenta con l’immaginazione la corrente che scorre dalla testa verso l’organismo, verso il basso: come uno stormo di meteoriti dal cielo stellato piove sulla terra, così una cascata di energia si riversa dal capo al cuore e seguendo le vie del sangue giunge agli organi e agli arti. Ovviamente all’immaginazione deve accompagnarsi l’azione: se qualcosa è in disordine deve essere ordinato, se qualcosa era stato lasciato in sospeso ora deve essere portato a termine, se qualche timore irretisce il nostro animo bisogna mettersi alla prova e con accortezza superare il timore, se ancora qualche fede, qualche credenza domina l’anima è tempo di dissolverla con la forza della razionalità, se qualche malumore aveva offuscato il rapporto con una persona è tempo di chiarire le cose con cordialità e amore. Così, agendo con energia, si onora lo Spirito dell’Autunno, tanto simile all’Arcangelo Solare venerato dagli antichi Persiani.

Tutta la nostra civiltà è costruita col ferro. Da quando i nostri antenati irruppero da Nord sui loro carri di battaglia brandendo asce di ferro, la nostra civiltà ha trasformato il volto della terra battendo il ferro, forgiando l’acciaio. Si pensi agli aerei che sfrecciano in cielo, ai ponti sospesi tra le sponde, alle strade ferrate, alle grandi navi. Grazie all’elemento del ferro si afferma il dominio della tecnica. Ma ciò che sulla terra si manifesta come ferro, nell’interiorità dell’uomo si esprime come volontà. Per questo si dice: “volontà di ferro”.

Nell’aria dell’autunno, quando le piogge spazzano via la sensualità dell’estate, si compie un processo alchemico: Ferro scaccia Zolfo. La corrente di ferro, fredda e metallica, che piove dal cielo smorza la corrente sulfurea che era fuoriuscita dalle viscere della terra nei mesi caldi d’estate. Respirando la fresca aria dell’autunno l’uomo prende parte a questo processo. Bisogna percepire questa corrente alchemica e alimentarla con la volontà. La divinità solare dallo sguardo metallico, col suo gesto indicante accompagna l’uomo nel cambio di stagione

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