Ho salutato con piacere, i primi mesi di quest’anno 2009, la notizia della pubblicazione del libro “La rivolta di Reggio” di Luigi Ambrosi edito da Rubbettino. Mi interessava il fatto che un giovane dottorando ricercatore avesse scelto di elaborare la sua tesi di specializzazione proprio sui famosi fatti di Reggio. Naturalmente ho letto questo lavoro al quale l’autore ha dedicato ben quattro anni di studio. Fare ricerca storica è, infatti, un impegno gravoso ed è sicuramente apprezzabile il metodo applicato per un percorso non certo agevole, quale quello necessario per una ricerca fedele il più possibile alla realtà oggettiva. Il risultato, però, non mi incanta nè mi soddisfa, perchè, secondo me, il lavoro è influenzato da pregiudizi che sottendono come una colonna sonora alquanto stonata tutto il lavoro e ne offuscano la storicità assumendo come certezze luoghi comuni diffusi in certa parte dell’immaginario collettivo soprattutto politico-partitico che inficiano la bontà della ricerca e che un ricercatore, ancorchè giovane ed estraneo alle vicende trattate, avrebbe dovuto evitare con rigore scientifico. Già il sottotitolo, “Storia di territori, violenza e populismo…”; e alcune affermazioni di Salvatore Lupo nella Prefazione,” ..di fronte a questo protagonismo neofascista…. Quale straordinaria capacità demagogica e manipolatrice mostra qui la classe politica locale” ! dimostrano il tenore dell’opera. Nel contesto dello scritto l’autore fa riferimento a concetti di suggestione, di riscatto, di retorica, di pennacchio, di orgoglio e quant’altro, senza trascurare il legame della rivolta di Reggio a mafia, criminalità e al Golpe Borghese. Io ho vissuto quei giorni e mi sono stancata di tornare sull’argomento anche perchè la ferita è sempre aperta. Luigi Ambrosi titola il primo capitolo Preistoria facendo riferimento a un episodio, la pubblicazione, Capo d’Anno 1947, da parte dell’ Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria di un testo Per il Capoluogo della Regione Calabrese come antecedente dei “Fatti” . Luigi Ambrosi, però sarebbe dovuto andare più indietro per sapere , per esempio, che dopo aver contribuito con largo spargimento di lacrime e sangue alla causa del Risorgimento italiano, la Calabria, e in particolare Reggio è stata tradita e spogliata e trattata come colonia, se è vero, come lo è indubitabilmente che il patriota stefanita Romeo , eletto al primo Parlamento nazionale, si è dimesso informando con manifesti i suoi elettori che il Governo non aveva mantenuto gli impegni assunti precedentemente. Certo Reggio è stata trascurata anche dai politici delle altre province calabresi, ma se i Governi centrali fossero stati più attenti, libertà e democrazia sarebbero state rispettate in ogni dove. Un coacervo di soprusi e abusi ha logorato la popolazione reggina, che rimpiange il suo stato di polis e soffre con orgoglio, quell’orgoglio che non è vanagloria presupponente e boriosa quanto piuttosto consapevolezza delle proprie capacità, della propria cultura, del proprio DNA di valori importanti e profondi che sono propri dell’ uomo libero, coraggioso e audace, mediterraneo. L’ orgoglio, poi, una caratteristica spesso esaltata, l’orgoglio di essere e sentirsi italiani, l’orgoglio eroico di tanti valorosi, l’orgoglio di molti atleti che si affermano in varie discipline, quell’orgoglio che relativamente al popolo reggino diventa un grave difetto, del quale ci si dovrebbe addirittura vergognare. Ambrosi ama citare spesso Pansa. Prorio quel Pansa che nel suo ultimo libro ” Il Revisionista” dedica un capitolo a Julio Valerio Borghese, che intervista tra il 5 e il 7 dicembre 1970: ” Scrissi l’intervista la sera di lunedì 7 dicembre …proprio in quelle ore, così in seguito si disse, gli armati raccolti dal Fronte si preparavano ad assaltare la Rai e qualche ministero : le prime mosse del misterioso colpo di Stato capeggiato da Borghese. Il mio articolo, intitolato Deliri del Principe Nero uscì sulla Stampa il mercoledì 9 dicembre, ossia ventiquattro ore dopo il fallimento del presunto golpe. Un golpe che nessun giornale, nessuna radio e nessuna tv registrarono. La storia emerse l’anno successivo, il 17 marzo 1971. Rimasi sbalordito. E cominciai a farmi qualche domanda.Un militare o un politico che sta per attuare un colpo di Stato riceve un giornalista del campo avverso ? Proprio nel momento decisivo parla per tre ore davanti a un registratore acceso? Si lascia fotografare in pose tanto poco marziali? A qual tempob mi dissi : no, è assurdo che si comporti così. Sono rimasto della stessa idea anche dopo. Lo sono ancora oggi. Per me quel golpe non c’è mai stato. E forse siamo in molti a pansarla allo stesso modo…..” .A conferma delle montature di alcuni politicanti, sempre Pansa sempre nello stesso libro scrive :” I comunisti italiani hanno sempre avuto una passione vera per le operazioni degli altri. Vedono misteri e congiure dovunque, giudate da registi occulti e dirette a scopi nefandi.” Come fa Ambrosi a dare per scontato il golpe Borghese ? Capisco che è difficile comprendere come una colonia piccola e trascurata possa osare ribellarsi contro le ingiustizie in maniera corale e spontanea. Purtroppo l’ evidenza spesso deve essere coperta da barriere posticce e ingombranti assolutamante surreali. Questo significa ignorare la verità.
Come si fa ad inserire i fatti di Gambarie in un tentativo organizzato per allargare la protesta alla provincia? Per capire i fatti di Gambarie, assolutamente spontanei e trasversali, è opportuno leggere una bella Appendice nel libro Area metropolitana dello Stretto di Peppe Caridi per i tipi di Città del Sole Edizioni, dove il giovane autore intervista uno dei protagonisti proprio di quei fatti.
Come si fa, ancora, a trascurare completamente il ruolo svolto durante la Rivolta dall’ Arcivescovo, di origini piemontesi, mons. Giovanni Ferro capace di capire le motivazioni più profonde di una intera popolazione che si ritiene trattata ingiustamente?
Perchè di questo si tratta.E per capire lo stato della giustizia nel nostro territorio basta leggere Norman Douglas in Vecchia Calabria, del 1920, nel capitolo Musolino e la legge, dove Musolino è il brigante e la legge è definita come burla e farsa. Questa è la preistoria che sottende a una ribellione che c’è tuttora nell’animo del reggino, il quale lavora con impegno perchè evitando di essere stritolato dai carri armati di Stato possa raggiungere una dimensione di autonomia democratica e liberale nel rispetto di tutte le altre altre realtà locali e nazionali. Perchè non è possibile in una società libera e democratica che una parte di territorio possa secedere senza spargimento di sangue? perchè?
Certo bisogna riconoscere che Ambrosi riferisce della solitudine di una città sola con se stessa; riferisce con Adele Cambria, che “tutti i Governi sono stati razzisti con la Calabria” , con il Corriere della Sera che ” il Governo è stato colpevolmente assente” e che il pacchetto Colombo è stata una vera e propria presa in giro.
E il grido Boia chi molla richiama cittadini reggini, italiani, morti per un capoluogo simbolo di giustizia e libertà.
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