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Archive for settembre 2020

Ho scritto queste riflessioni prima del voto del 20/21 settembre.Mi dispiace tantissimo che Minicuci non ce l’abbia fatta al primo turno, perchè in questa mia bella e strana città si nega l’evidenza e si montano bufale . Si nega l’evidenza perchè non si vuole vedere lo stato in cui è stata ridotta Reggio, brandelli irrecuperabili, che vengono oscurati da una campagna denigratoria montata ad arte nei confronti di Antonino Minicuci, il quale non ha tessere di partito, non è leghista, non è forestiero, ma reggino  di Melito , della Città Metropolitana. Che altro aggiungere : che il reggino purosangue come il sindaco uscente ha causato danni che peggio probabilmente non poteva alla città e ai suoi abitanti, che la formazione politica più votata al primo turno è stata Forza Italia, con più dell’11%, mentre la Lega non ha raggiunto manco il 5%, per coloro che ancora avessero qualche dubbio. E adesso spero vivamente che Minicuci sia il prossimo Sindaco di Reggio Calabria. Avanti tutta

 

 

Tra qualche giorno si voterà pure a Reggio Di Calabria e mi corre l’obbligo di dire la mia, anche se a malincuore. Perchè di fatto mi viene la tristezza  solo al pensiero di come sia stata ridotta una città bella e gentile e profumata di zagara e gelsomino. Perchè non posso uscire di casa per il puzzo che infesta le strade,; le strade ? che dico ?  un colabrodo che mette a rischio continuo pedoni e motori. Però qui e ora non mi va di elencare gli innumerevoli disastri che riducono Reggio a luogo invivibile , sarebbe noioso e il mio malumore aumenterebbe diventando rabbia. Vedere poi la pletora di candidati a questa consultazione elettorale, vengono i brividi. Nella mia idea di città ci si dovrebbe impegnare tutti per il bene della res pubblica, aldilà delle appartenenze di partito. Ho vissuto gli anni dei “boia chi molla” e li porto sempre nel cuore e ogni tanto li rivivo con grande partecipazione emotiva con il film  verità di Salvatore Romano ” Liberarsi. Figli di un Dio minore”, un documento che andrebbe studiato come testo obbligatorio in tutte le scuole d’Italia. E mi rammarico perchè allora non siamo stati capaci, noi, cittadini di Reggio Calabria, la città violentata da uno Stato criminale,  ad organizzarci in Movimento a tutela della nostra identità e dei nostri diritti indossando la sola casacca del territorio. In nome dei martiri della sacrosanta Rivolta avremmo dovuto gridare, urlare, anche auspicando la secessione da uno Stato canaglia, sciacallo, che tradisce il proprio popolo con tracotanza e barbarie inaudite. Non abbiamo fatto nulla. Erano gli anni settanta e, secondo me, abbiamo perduto un treno importante, facendoci irretire nelle ricostruzioni complottiste partigiane, fandonie di menti asservite a compromessi degli avventurieri  di una politica distorta e malata. Circa ventanni più tardi, negli anni novanta, nasce la Lega Nord, con un padre fondatore, certo Umberto Bossi che fa la voce grossa  rivendicando autonomie settentrionali e montando idee razziste nei confronti dei meridionali che peggio non si può. Nel 1989 , con la caduta del Muro di Berlino, molte ideologie si frantumano tra i calcinacci ; i due partiti politici storici  confessionali, Democrazia Cristiana e Partito Comunista, si sgretolano e a Bossi con i suoi amici, va riconosciuta la visione di mettere in primo piano l’interesse per i territori di appartenenza, superando le convinzioni personali di ideali e le logiche  di parte. Grida, il leghista, urla una realtà perfettamente capovolta perchè  da quando è stata fatta l’Unità d’Italia è il Nord a stare sulla groppa del Sud e non viceversa. E noi, popolo del Meridione, che facciamo ? Ci lasciamo schiavizzare. Eppure qualcuno aveva già detto qualcosa ante litteram, prima degli anni cinquanta.

“Lasciate che noi del meridione possiamo amministrarci da soli, da noi designare il nostro indirizzo finanziario, distribuire i nostri tributi, assumere la responsabilità delle nostre opere, trovare l’ iniziativa dei rimedi ai nostri mali; non siamo pupilli, non abbiamo bisogno della tutela interessata del nord; e uniti nell’ affetto di fratelli e nell’ unità del regime, non nella uniformità dell’ amministrazione, seguiremo ognuno la nostra via economica , amministrativa e morale nell’ esplicazione della nostra vita”.

Luigi Sturzo, 1947

Don Sturzo, siciliano di Caltagirone è stato sacerdote e politico che si è speso senza mai  risparmiarsi per realizzare un Paese fondato sugli ideali di giustizia e libertà, nel rispetto delle diversità territoriali, che caratterizzano la nostra penisola e dovrebbero essere valorizzate come risorse intrinseche.   E prima ancora, già nel 1905, Aurelio Romeo, della famiglia dei patrioti che hanno dato lacrime e sangue per il cosiddetto Risorgimento, in occasione del Comizio pro Calabria, nella qualità di Sindaco di S. Stefano in Aspromonte, fa un’analisi spregiudicata sulla situazione della Calabria, relegata a ruota di scorta, fanalino di coda del nuovo Stato cosiddetto democratico.

Noi, meridionali in genere e reggini in particolare, ci lasciamo anestetizzare e, ridotti in stato comatoso, non riusciamo, e non vogliamo, cercare il bandolo della rete che ci avviluppa, come ha descritto bene Musil in “L’uomo senza qualità” .

E adesso mi tocca assistere e partecipare all’ulteriore scempio della mia città.

Andrò a votare perchè è l’unico modo per affermare la mia qualità di cittadino che paga regolarmente le tasse capestro, anche se sono consapevole che il mio voto sarà vanificato  da inciuci e mafionerie.

Certo però che non c’è da scegliere : il Sindaco uscente, Falcomatà, a parte l’incapacità dimostrata e lo stato in cui è ridotta la città, ha un procedimento giudiziario in corso, come l’Avv. Marcianò, anch’ella candidata a sindaco. Questi due personaggi proprio per l’amore che dicono di nutrire verso il loro territorio, non si sarebbero dovuti presentare, perchè, in caso di una loro eventuale elezione e di una loro eventuale condanna, la città si troverebbe ancora nei guai, cioè senza sindaco. Che dire di Fabio Foti? pare sia un professionista medico  serio e stimato, ma come fa a credere ancora in un movimento, come quello del cosiddetto comico, ciarlatano-mercenario, che ha manifestato la sua inconsistenza e dabbenaggine in questi anni.? Pura illusione. Ci vuole coraggio. Poi c’è Klaus, il massmediologo svizzero -di Milano che ha eletto Reggio e dintorni come sua seconda, o terza, casa. Fa rumore. Su alcuni candidati non mi esprimo, ma credo non possano raggiungere risultati significativi.

Rimane Minicuci  .. Come si arriva alla designazione di questo signore? a monte ci sono gli accordi tra le tre anime del centrodestra : Giorgia Meloni,  preso atto delle difficoltà dei suoi referenti nel territorio calabro, ha deciso di disinteressarsi di questi luoghi. Berlusconi da qualche tempo è politicamente  distratto e, dunque, le opzioni per la  Calabria spettano a Salvini, che, negli anni novanta, da giovane comunista impegnato, sposa la causa leghista, fino a prendere le redini del partito dei polentoni della Padania. A scanso di equivoci, ribadisco che non ho mai votato Lega  e credo che mai lo farò, dico pure che ho apprezzato quanto ha fatto Salvini da Ministro dell’Interno: cercare di arginare in qualche modo la criminale tratta di esseri umani  che avviene nel Mediterraneo è un problema che mi affligge da molto tempo, come scrivo da oltre un decennio in questo luogo , e Salvini ci ha messo anima e corpo. Poi, mai dire mai, bisogna sempre riconoscere che ognuno di noi possa tornare sui propri passi, rivedere le proprie convinzioni e cambiare parere. Io spero che Salvini si sia redento nei confronti dei meridionali. Fa la voce grossa Salvini e si arroga il diritto di veto alla candidatura di Occhiuto a Governatore della Calabria e poi,  anch’egli  è chiamato a designare il candidato a Sindaco di Reggio secondo gli accordi intercorsi nella Triplice Alleanza. Dal cilindro viene fuori certo Antonino Minicuci, a me completamente sconosciuto. Chi è costui ? Allora : cittadino di Melito Porto Salvo, comprensorio della Grande Città Metropolitana, studi regolari, collaboratore del ;presidente della Provincia di Reggio Calabria Raffa e poi, di recente, consulente del Sindaco di Genova. Non è un politico, nel senso che non appartiene ad alcun partito, è un professionista amministrativo, cioè un tecnico. Hai visto mai che, ob torto collo, possa essere la persona giusta per risollevare le sorti di questa città, vilipesa, martoriata, offesa nel suo dna da anni di malgoverno? Magari. Sono vecchia di anni e mi  guardo  attorno con il disincanto dell’esperienza accumulata, senza sentimenti di nostalgia, ma con un certo moto di ribellione , mai rassegnata e spero che la mia città possa presto volare sulle ali di sempre del bello, del giusto e del vero, aldilà di ogni ragionevole dubbio.   Non mi faccio illusioni . Spero, però, e dò  il mio voto al Reggino di Melito.

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La forza di dire NO

A me la Carta Costituzionale Italiana non piace. Secondo me un Paese civile non ha bisogno di tante , di troppe regole di convivenza. L’Inghilterra, patria della Magna Charta, non ha una Costituzione scritta, le regole si formano strada facendo  attraverso usi e consuetudini della società. Comunque la Costituzione , fatti salvi alcuni principi fondamentali, dovrebbe essere modificata periodicamente in relazione ai cambiamenti sociali. Inoltre la Carta Italiana è stata confezionata con chiara e inequivocabile prevalenza di assunti comunisti, che stridono  non solo con i valori liberali e liberisti che impregano le mie convinzioni personali,  ma stridono anche e soprattutto con le istanze della società attuale. Già Platone ci aveva avvisato che il paese che ha molte leggi è come non ne avesse alcuna, ma noi releghiamo la storia a semplice esercizio didattico invece di attualizzarla e farne tesoro. E, accanto alla Carta sforniamo leggi e leggi e leggi , tra le quali ci vuole proprio Azzeccagarbugli per barcamenarsi. Di fatto la Costituzione è un feticcio, un totem da usare dalle diverse parti politiche a convenienza. Tanto premesso per dire quale sia la mia posizione rispetto alla Carta. Proprio per tutto ciò, ritengo che la Nostra Carta sia un materiale, un oggetto delicato, da maneggiare con cura. Voglio dire che per modificare il testo costituzionale serve  un gruppo di esperti giuristi  preparati, aldisopra delle parti politiche, che lavori senza pregiudizi , compromessi e/o altre deformazioni. Per questi motivi ho rifiutato la proposta di modifica che qualche anno fa aveva avanzato Renzi : articoli logorroici la cui lettura confondeva e inoltre, cosa abominevole, veniva ufficializzato l’asservimento dell’Italia alla UE,: anche se ciò  è ormai un dato di fatto, stabilirlo per legge sarebbe stata una cosa infame, criminale nei confronti di tutti gli italiani.

Adesso siamo alle solite. Sono  del parere che i parlamentari con tutto l’ingombrante  sottobosco siano una foresta selvaggia da sfoltire con accette e falci robuste, ma le riforme bisogna farle con criterio affrontando il problema alla base. Si faccia prima una riforma costituzionale con una legge elettorale che preveda la rappresentanza di tutte le regioni in maniera equa secondo un federalismo serio e poi si può parlare di taglio dei parlamentari. Intanto si poteva fare qualcosa di immediato eliminando tutti, dico tutti, i privilegi dei politici e i senatori a vita, e la pletora di sottosegretari, portaborse ecc ecc ecc che occupano spazi abusivi con retribuzioni da nababbi : perchè non si fanno ? Evidentemente è tutta fuffa grillesca per continuare a prendere in giro le persone per bene e per speculare sul malcontento dei cittadini onesti, quando loro stessi, non molto tempo fa, sostenevano il taglio degli emolumenti non delle persone, ma loro sono maestri nel ” qui lo dico e qua lo nego”, basta dare una rapida occhiata alle spese folli dei vari ministri e dei loro staff. Per questi motivi  al referendum del 20/21 settembre voto NO e non mi interessano le dichiarazioni partigiane di questo o quello : non indosso casacche, non ho mai avuto tessere di partito e non seguo suggerimenti di nessuno.

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Eh sì, mi fa proprio strano, ma strano, strano, strano, come recita il ritornello di una canzone.

Sono così, stanca, moralmente stanca, e demotivata che non mi va di scrivere dei casini italiani di questo periodo, mi sono rifiutata di farlo per qualche tempo, ma adesso la mia ribellione prorompe in maniera irrefrenabile e devo, devo come obbligo verso me stessa, mettere nero su bianco alcuni miei pensieri. Sono nata in un luogo bellissimo, alle falde dell’Aspromonte, un monte sacro celebrato come cerniera d’Europa, in tempi antichissimi, come ponte tra civiltà diverse e antitetiche, Santo Stefano in Aspromonte. la mia famiglia, mamma, papà, mia sorella e io, vivevamo in campagna, eravamo quasi autonomi per quanto riguarda l’alimentazione: il grano di proprietà si macinava e con la farina si faceva pane e pasta a mano, avevamo i prodotti dell’orto, verdure, ortaggi, legumi, frutta, le galline che covavano e mia madre ad alcuni galletti faceva l’intervento per allevare i capponi, il maiale per carni e insaccati vari, e la capra, il cui latte si poteva bere anche crudo. Mia sorella e io siamo cresciute in questo mondo idilliaco fino a quando, un brutto mattino, mia padre improvvisamente ci ha lasciato, e non sapremo mai se è dipeso da ” disattenzione” del medico o da fatal destino. mia madre poi ha fatto i salti mortali con due bimbe  da crescere. Il mio animo ribelle già di suo, per dna, non accetta la cruda legge di natura e si inasprisce con i tormenti di una inquietudine di fatto mai risolta, anche se canalizzata, tra studi, sport, letture, ricerche e una famiglia meravigliosa. Ho percorso di fatto uno slalom costellato da ostacoli che ho superato spesso, tante volte con caparbietà e determinazione aldilà di ogni ragionevole dubbio. nei primi anni settanta, per motivi di studio, ci siamo trasferite a Reggio di Calabria, città bella e gentile, così accogliente e gentile che  l’imperatore Augusto, non uno qualsiasi dunque, ci ha mandato la vivace figlia Giulia, diciamo in villeggiatura. In quegli anni inizio a lavorare in un grande Istituto di Credito. Non era nelle mie aspirazioni, in effetti, il lavoro in banca, ma ho partecipato al concorso sollecitato da una collega di università e mi sono ritrovata in una gabbia di leoni a svolgere un mestiere a me completamente sconosciuto. Avevo bisogno estremo di lavorare e, nonostante mia madre non gradisse l’ambiente bancario, mi sono rimboccata le maniche e sono diventata tigre combattendo e studiando. sono così diventata una donna in carriera, il lavoro mi piaceva e ho cercato sempre di conciliare gli interessi del cliente con quelli dell’azienda. Si può fare, certo che sì. Alla sicurezza economica abbiamo dovuto sacrificare alcuni pilastri nutrizionali fatti in casa, che in una struttura urbana non era possibile mantenere. però abbiamo sempre cercato, mio marito e io , prodotti  locali, a tal punto che io, prevenuta nei confronti dei prodotti surgelati, ho comprato un congelatore per garantire ai miei bimbi prodotti genuini a cosiddetto km 0. da qualche tempo, in effetti, la ricerca è diventata un incubo, perchè quando vai a fare la spesa ti devi districare tra etichette invisibili per cui impieghi più tempo a leggere e rileggere anzichè a completare la lista. Il percorso che la mia famiglia insegue è : prodotto locale , cioè Reggio Calabria e provincia,- Calabrese-Siciliano-Meridionale- Italiano. E sicuramente non è un percorso facile, anzi, spesso il prodotto “italiano”, non esiste proprio, sacrificato sull’altare di un villaggio globale con la celebrazione del quale hanno martellato i cervelli dei nostri figli con testi scolastici a dir poco osceni. E adesso, dopo la iattura di una morbo maledetto che affligge  fisico e menti senza soluzione di continuità, adesso, devo leggere, inviti a destra e a manca e dappertutto dei soloni che scoprono la necessità di preferire il mercato italiano, Ahimè, quanta tristezza e quanta rabbia. Dove erano questi signori quando mi prendevano in giro, quando io cercavo con il lanternino la scritta “prodotto di origine italiano”?. Ma non è finita. Da impiegata e funzionario di banca, non ho mai consigliato e venduto ad un cliente un prodotto finanziario straniero. Da alcuni anni, troppi, le banche, cosiddette italiane, di fatto, fanno a gara a sistemare titoli, fondi di investimento, stranieri, che spesso si verificano poi, carta straccia, con rendimenti nulli, a persone ignare , che vengono raggirate e abbindolate con pubblicità ingannevole, facendo leva sulla incapacità dei clienti di comprendere descrizioni vessatorie. valga per tutti il caso dei fondi lussemburghesi, il piccolo stato europeo la cui economia è supportata in gran parte da risparmiatori italiani.E quando qualche tempo fa, l’allora ministro dell’interno, certo Salvini, ha invitato i risparmiatori a comprare prodotti finanziari italiani, si è scatenato il putiferio contro di lui. Non ho mai votato lega e non so se mai lo farò, ma quando un politico, di qualsiasi parte o partito, dice qualcosa di importante, dovrebbe essere elogiato e accompagnato. Adesso di cosa vogliamo parlare ? E i politici del Lussemburgo fanno la voce grossa per dare lezioni all’Italia. Mi fa proprio strano  vivere in questa società capovolta.

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Vero campo di battaglia la  grande e unica camera da letto della casa nelle alture del paese natio, S. Stefano in Aspromonte, alle falde del monte “sacro” celebrato nell’antichità come cerniera d’Europa. La “casetta delle fate”, come era stata battezzata nell’immaginario collettivo, era stata realizzata in tempi brevissimi come abitazione provvisoria, dal papà, con il proposito di costruire una bella villa successivamente. Ma poi un maledetto malore, forse non capito dal medico, portava via l’uomo di casa. Erano trascorsi ormai sei anni, nell’anno di grazia 1959, e la casetta era diventata, gioco forza, definitiva. Il balcone della grande camera da letto, che ospitava giorno e notte le due sorelle ivi costrette dal febbrone asiatico, si affacciava sullo Stretto con un panorama mozzafiato : a destra il mare con le case della dirimpettaia città di Messina, a sinistra l’Etna, con la sua intensa vita. La vista era parte indispensabile del quotidiano, per cui anche di notte, i vetri non si dovevano oscurare, per permettere di partecipare al respiro leggero dell’anima di quel luogo unico e meraviglioso.

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L’asiatica, arriva, dunque, all’improvviso, colpisce in maniera violenta le due sorelle e risparmia la mamma, che cerca di alleviare il malessere delle fanciulle. Al tempo, unici mezzi di informazione sono radio e carta stampata che diffondono notizie scarne. In ogni caso non ci sono cure per debellare il virus, si danno solo consigli per l’alimentazione: pasta asciutta e bistecca arrosto. Mimì, diminutivo con il quale era chiamata la ragazzina, quando aveva la febbre alta, delirava e di solito, una volta sfebbrata e “rinsavita” non ricordava nulla; l’immagine del folletto tutto rosso che si tuffa nell’Etna, però, le rimarrà impresso nella mente per tutta la vita, e pure  in maniera piacevole. Una  patologia  molto aggressiva, l’asiatica, con febbroni che oltrepassavano i 40 gradi, curata, dunque, senza farmaci.

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Mentre le due ragazze sono vittime confinate a riposo, un giorno arrivano dalla città, AnnaMaria e Bruno, due cugini, la cui mamma, zia Teresa, aveva pensato di mandare dalla sorella in campagna per allontanarli dalla infezione virale che aveva colpito il fratello più piccolo. Prima di varcare la soglia hanno detto di avere già preso la malattia, secondo un piano che avevano preparato durante il viaggio, tenuto conto che preferivano trascorrere dei giorni in campagna dalla zia, alla luce del fatto che anche a casa loro c’era rischio di contagio. Avevano portato il gioco delle “pulci”, cioè “insetti alieni”, guarda un po’, un gioco da tavolo diffuso in quegli anni. Tutti e quattro i ragazzi, sul letto a giocare, dunque.

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Così abbiamo vissuto e sconfitto l’infezione.

Mimì sono io che insieme a mia sorella, Memè, abbiamo vissuto quell’esperienza, in maniera tutto sommato, non traumatica. In questi giorni, tornato alla ribalta delle cronache un virus molesto, si ripropone con prepotenza il ricordo vivo di quell’avventura, vissuta con accanto la presenza amorevole e premurosa  di mamma e allietata dalla vicinanza giocosa  dei cugini . E mi chiedo se sia giusto privare i pazienti della vicinanza e del conforto dei familiari, il cui affetto è sempre, secondo me, il miglior viatico per qualsiasi patologia, fisica e morale.

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