In ospedale
Come davanti a una vetrina
Affolla la gente il marciapiede.
Nella macchina la barella è messa.
Alla guida l’infermiere si siede.
L’ambulanza, abilmente evitando
Veicoli, bighelloni, fanali,
Il caos notturno delle strade,
S’è tuffata nel buio coi fari.
Polizia, strade, facce dei passanti,
Tutto sotto i lampioni balenava.
Con la boccetta dell’ammoniaca
L’infermiera chinandosi vacillava.
Pioveva e nell’astanteria la gronda
Aveva un suono triste e vario,
Nel frattempo riga su riga
Scarabocchiavano il questionario.
L’hanno sistemato vicino all’entrata.
Non c’era altro posto in quel momento.
C’era puzzo di iodio tutt’intorno
E dalla strada infuriava il vento.
La finestra un po’ di giardino e di cielo
Mostrava in un quadrato.
Alla corsia, ai camici, al pavimento
Si abituava il nuovo arrivato.
Ma dalle domande dell’infermiera
Che scoteva la testa con compassione,
Egli capì subito che difficilmente
Sarebbe scampato alla situazione.
Poi con gratitudine guardò la finestra,
Dietro cui la parete mostrata
Era come una scintilla d’incendio
Dalla città tutta illuminata.
Là la barriera rosseggiava,
E nella luce della città un ontano
Mandava al malato di continuo
L’estremo saluto con un ramo.
“O Signore – pensava l’infermo –
I tuoi atti sono così perfetti,
La notte della morte e la città di notte,
Le pareti, la gente, i letti.
Ho preso una dose di sonnifero
E piango mordendo il fazzoletto.
O Dio, le lacrime di commozione
Mi celano il tuo volto benedetto.
Mi è dolce nella fioca luce
Che cade a stento sul mio cuscino,
Me stesso e la mia sorte riconoscere
Come un tuo dono divino.
Morendo in un letto d’ospedale,
Delle tue mani sento il calore.
Come tua creatura e come un anello
Nell’astuccio mi riponi, o Signore”.
In ogni cosa ho voglia di arrivare
In ogni cosa ho voglia di arrivare sino alla sostanza. Nel lavoro, cercando la mia strada, nel tumulto del cuore.
Sino all’essenza dei giorni passati, sino alla loro ragione, sino ai motivi, sino alle radici, sino al midollo.
Eternamente aggrappandomi al filo dei destini, degli avvenimenti, sentire, amare, vivere, pensare, effettuare scoperte.
Oh, se mi fosse dato, se potessi almeno in parte, mi piacerebbe scrivere otto versi sulle proprietà della passione.
Sulle trasgressioni, sui peccati, sulle fughe, sugli inseguimenti, sulle inavvertenze frettolose, sui gomiti, sui palmi.
Dedurrei la sua legge, il suo cominciamento, dei suoi nomi verrei ripetendo le lettere iniziali.
I miei versi sarebbero un giardino. Con tutto il brivido delle nervature vi fiorirebbero i tigli a spalliera, in fila indiana, l’uno dietro l’altro.
Introdurrei nei versi la fragranza delle rose, un alito di menta, ed il fieno tagliato, i prati, i biodi, gli schianti della tempesta.
Così Chopin immise in altri tempi un vivente prodigio di ville, di avelli, di parchi, di selve nei propri studi.
Giuoco e martirio del trionfo raggiunto, corda incoccata di un arco teso.
Oggi voglio onorare la memoria di un grande scrittore e poeta di cultura raffinata con due poesie molto significative. Una più che mai attuale dedicata all’ospedale e l’altra che racconta con incisività il suo carattere e che descrive bene il mio, sempre alla ricerca della verità
|
|
|
Read Full Post »