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Posts Tagged ‘benessere psico-fisico’

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Un paio di scarpe di Vincent Van Gogh

Quando ero piccola mia mamma mi faceva le scarpe di pezza. Le faceva per me e per mia sorella. Era una vera e propria festa. Dovevamo poggiare i piedi, tutti e due perchè non sono mai perfettamente uguali, su un cartoncino, sul quale mia madre, inginocchiata a terra,tracciava i contorni con una matita. Ritagliava poi l’ impronta, che trasferiva su  ritagli di stoffa abbastanza resistente; ne riproduceva diversi strati che legava con varie impunture realizzate con la vecchia cara   insostituibile  Singer. Confezionava così la suola. Per la tomaia preparava prima un modello con un foglio di carta di giornale, della Domenica del Corriere o del Corriere dei Piccoli o della Gazzetta del Sud, poggiandolo sul piede per provarne l’ esatta curvatura e poi lo cuciva con stoffa e lo applicava alla suola. La scarpa era pronta ed io felice di calzarla. All’ epoca la mia famiglia viveva in campagna ed io calpestavo i prati e la terra come se fossi scalza, così forte era il contatto con il terreno, il cui odore, anzi gli odori, mi penetravano l’ anima e il cuore facendomi sentire tutt’ uno con la terra.Quelle scarpe erano fatte con ritagli di stoffa e con tanto amore, erano impregnate dell’ amore immenso di mia madre, che era sempre triste per la perdita troppo prematura di mio padre, preoccupata di poter sbarcare il lunario e di accompagnare nella crescita due bimbe ancora troppo piccole per poter capire tante cose. Con quelle scarpe io scoprivo l’ anima dei luoghi che diventavano i luoghi della mia anima. Oggi si sta cercando di introdurre il garden-terapy come importante coadiuvante delle patologie che possono colpire l’ organismo umano, e comunque come elemento fondamentale del benessere psico-fisico. Io devo ringraziare profondamente mia madre per avermi fatto gustare la gioia immensa del contatto intenso e profondo con madre natura regalandomi un’ infanzia all’ aria aperta. Oltre le scarpe di pezza facevamo delle lunghissime escursioni cercando fiori di stagione come  le viole in primavera e i ciclamini in autunno; con gli attrezzi  a misura di bambino mia madre  ci ha insegnato a fare giardinaggio e ad apprezzare i prodotti della terra utilizzando anche i resti per fare delle pietanze deliziose. A casa mia, infatti, non si buttava mai nulla, considerando l’ economia domestica come fattore indispensabile della vita quotidiana. Questo modo di vivere è sempre presente in me; infatti  la memoria del mio vissuto è tuttora attuale e mi aiuta accompagnandomi  con stimoli e valori che sono eterni. Torna prepotentemente  la memoria di quelle esperienze in questo momento in cui si parla tanto di crisi e di difficoltà sociali, economiche, ambientali e via via.

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Il bisogno in me innato di  cercare sempre la verità, mi induce a cercare anche il significato più pertinente delle parole, del linguaggio. Eppure la parola crisi, che deriva dal greco krisis, significa scelta, giudizio; infatti, questo termine viene utilizzato soprattutto per indicare il periodo adolescenziale, durante il quale l’ individuo si trova in certo modo disorientato dai cambiamenti del suo corpo e da una maggiore e più profonda consapevolezza dei problemi relativi all’ esistenza, e, contemporaneamente è il periodo in cui si impongono delle scelte importanti che avranno ripercussioni sul suo futuro. In questo senso si dice, a ragione, che crisi significa crescita. A parte la forma, per cui su tutti i giornali campeggia la parola crisi come fosse un vocabolo orripilante, io voglio fare alcune considerazioni  di merito. Ormai da molti anni, ho la sensazione di vivere in una società sempre più capovolta. Che alla fine dell’ ultima guerra ci fosse il desiderio di dimenticarne le brutture tuffandosi nella ricerca del benessere economico, è più che legittimo. Secondo me, però, il processo del cosiddetto sviluppo socio- economico non può essere infinito, perchè fatalmente si arriva al punto in cui i mercati sono saturi, per cui  ci ritroviamo a  comprare dei beni da buttare, letteralmente.Un’ altra anomalia macroscopica sta nel fatto che mentre siamo invitati  a orientarci verso i consumi intelligenti, nel contempo dobbiamo acquistare l’ aranciata senza arance, la cioccolata senza cacao, il formaggio senza latte e per fare la cucina dei resti, che va di moda, dobbiamo comprarli, i resti, e  spendiamo cifre pazzesche per acquistare l’ acqua minerale, snobbando quella migliore di rubinetto. Ci abbuffiamo come maiali all’ ingrasso e poi ci affanniamo tra palestre. dietologi e psicanalisti. E l’ Unione Europea, dalla quale ci aspetteremmo innnanzitutto delle regole sui privilegi di politici e pubblici amministratori, fa invece la guerra della pizza, dell’ olio, degli agrumi e quant’ altro. E poi, ancora, ci siamo lasciati travolgere da una spirale perversa che ci ha portato a costruire un castello immenso e fragilissimo  di finanza virtuale. A poco a poco la legge bancaria  e la lezione della grande depressione del 1929 sono state dimenticate, è stata abolita la convertibilità della moneta circolante in riserve auree; è stato dimenticato il divieto del legame tra banca e impresa; i sindacati, che tante conquiste sacrosante hanno fatto, come testimonia lo statuto dei lavoratori, poi sono diventati autoreferenziali e preoccupati soltanto di occupare poltrone importanti, mentre si affermavano le diverse associazioni di consumatori, brutta copia dei sindacati. E noi che dovremmo e vorremmo fare la rivoluzione per urlare tutto il nostro sdegno nei confronti di scelte politiche inadeguate, di una giustizia sempre più farraginosa e lenta e ingiusta, degli insulti che riceviamo quotidianamente anche a casa nostra, noi, dunque, ci ritroviamo oggetti sonnolenti di una società delle cose, dunque senza soggetti, nella quale vige la legge del più forte, del più prepotente, per cui la vittima diventa carnefice e il carnefice vittima. E io sogno un’ esistenza più umana, magari trovando il tempo di fare le scarpe di pezza e di ritrovare il gusto per le piccole cose. A mio avviso i provvedimenti che le grandi menti stanno adottando per arginare questo periodo di depressione servono soltanto a tamponare i sintomi, ma non riusciranno ad eliminare i bubboni, che si rigonfieranno  dopo qualche tempo in maniera ancor più macroscopica. Se invece si avesse il coraggio e l’ audacia di interpretare la crisi nel suo significato più pieno facendo delle scelte giudiziose, utilizzando il buon senso,  per cambiare  completamente il nostro stile di vita restituendo rispetto e dignità alla persona umana, allora forse ci potremmo considerare fuori dal guado.

Oggi, 19 gennaio 2022, mi è capitato, per caso, di rileggere questo mio scritto di 13 anni fa e la riflessione che posso fare è che allora sono stata fin troppo ottimista auspicando di poter uscire fuori dal guado con il buon senso. Perchè devo purtroppo prendere atto che siamo precipitati, noi italiani, in un orrido melmoso, dal quale è difficile uscire, Ahimè!

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