«Ho trovato me stessa.
E un nuovo amico»
Flavia Pennetta e il suo momento d’oro: «Ora le top 10 e un sushi con Valentino Rossi»
Flavia Pennetta |
Con la vittoria al torneo di Los Angeles, la brindisina è salita al numero 12 della classifica e punta all’ingresso tra le migliori
MILANO — Sulle strade della California, viaggiando con il finestrino abbassato e il vento nei capelli, ha trovato quello che cercava da tempo. Flavia Pennetta da Brindisi, il made in Puglia più noto all’estero dopo le friselle, sorride dall’altra parte del telefono e del pianeta: «Cosa cercavo per fare finalmente il salto di qualità? Facile: me stessa…». Due top 10 (Petrova e Zvonareva), un’ex n. 1 (Sharapova) e un’australiana bollente (Stosur, n. 19) trafitte da un tennis mai così concreto («Più andavo avanti, meglio giocavo: in finale mi riusciva tutto!»), ottavo torneo in carriera ma Los Angeles è indubbiamente il più importante, è la linea d’ombra tagliata a 27 anni da numero 12 del mondo («Le migliori dieci del ranking sono lì, se gioco bene un altro torneo prima degli Us Open posso toccarle. E, credimi, ci tengo un casino »), con quella frase che l’amatissimo papà Oronzo pronunciò dieci anni fa e che ancora le ronza, molesta, nelle orecchie: «Chissà se la mia bambina arriverà nelle prime 200…»
Flavia è una tennista d’esportazione da quando aveva 14 anni, ha capito subito che il mondo sarebbe stato il suo playground, ha preso casa a Barcellona e in Puglia torna giusto per trarre linfa fresca dalle radici. Alla vigilia della trasferta negli Usa è andata al mare a Rosamarina con nonna e le sue amiche, «lei nerissima, io bianca latte, mi ha spalmata di crema e siamo state due giorni a chiacchierare, dentro e fuori dall’acqua», perché prima di partire alla conquista di Los Angeles parlando uno slang d’alta classifica sentiva il bisogno di masticare un po’ di lessico familiare. Con il coach spagnolo Gabriel Urpi comunica in catalano misto a italiano («Ma quando m’incavolo sbotto in dialetto pugliese…»), con l’angelo custode Federico Luzzi (era per l’amico portato via a 28 anni da una leucemia fulminante quel dito al cielo dopo il match point) una lingua del cuore muta e invisibile; alle più forti giocatrici del mondo ormai dà del tu senza arroganza, forte della consapevolezza dei suoi mezzi, e ci sarà un perché se, quando s’incrociano in spogliatoio, Venus Williams saluta per prima. «Hi Flavia». La vita può cambiare in un istante. Un dritto sulla riga. Un servizio buono di un soffio. «Sto giocando bene da un po’ ma il vero clic è interiore, morale, di testa». Sta bene, e si vede. Fuori, ma soprattutto dentro. «Ho capito dove vuoi andare a parare e no, non sono fidanzata. Nessuna storia vera. Ho deciso che posso farcela anche da sola. E un giorno, a Carlos Moya che mi mollò per un’altra, mi toccherà dire grazie perché mi ha fatto scoprire cose di me che non conoscevo».
Ci sono nuovi pensieri, al di là della coscienza collettiva di far parte di un gruppo di donne straordinarie per lo sport italiano: «Ho seguito da lontano le imprese della Pellegrini e della Filippi al Mondiale di nuoto: non c’è niente da fare, noi siamo più determinate, se ci mettiamo in testa qualcosa non ci sfugge, non abbiamo paura di sbagliare e di dirci la verità, anche se fa male. Un uomo per lasciare una donna può impiegare anni, campa cavallo… Ecco perché non è facile trovare relazioni di qualità, che comportino un’assunzione di responsabilità e decisioni importanti». Ci sono nuovi traguardi («Le top 10, fare meglio dei quarti a New York, il Master di fine anno») e nuovi amici. Uno di essi corre in moto con una certa bravura, Flavia impazzisce per i motori e l’incontro con Valentino Rossi ha prodotto un’amicizia ad alto rischio di flirt, se mai i due fuoriclasse riuscissero a mangiarsi una pizza insieme. Soli. «Ci siamo conosciuti a Wimbledon nel 2007, quando lui venne invitato da Federer. Io sono andata a fare il tifo a Valencia e all’Estoril, siamo usciti con i suoi amici, quando passano da Barcellona li porto a mangiare nel mio sushi bar preferito». Allarme rosso. «Ma non ci vediamo mai, te lo giuro». Però, d’incanto, gli sms di corteggiamento di certi calciatori («Io nemmeno li conosco, ti rendi conto?») si sono interrotti. «Riuscire a incontrarsi in calendari così fitti è impossibile. Però Vale è simpatico… ». Attenzione. «Non è mai venuto a un torneo ed è meglio che continui a non farlo… ». Farsi desiderare, ecco. Molto donna. Molto Flavia.
Gaia Piccardi
11 agosto 2009