Quella sera, giovedi 30 ottobre 2008, seduto su una poltrona bianca del salotto buono di un Vespa piacevolmente brioso,rivolto con sprezzante aria di sussiego ai suoi dirimpettai sentenzia che c’è, esiste dunque, una verità morale al di sopra e aldilà di ogni fatto storico, e si tratta, naturalmente, della sua verità morale, indiscutibile e certa. Da rabbrividire : all’ anima dello storico, per di più docente universitario ! La trasmissione Porta a Porta prende spunto dal film “Il sangue dei vinti” tratto dall’ omonimo libro di Giampaolo Pansa, il quale si trova in studio insieme ad altri ospiti, tra cui Michele Placido ed Ernesto Galli della Loggia. Già Erodoto, il padre della storiografia sosteneva che ci sono diversi modi di interpretare una unica verità, difficile da raccontare con assoluta fedeltà ai fatti realmente accaduti. In questo senso, lo sforzo e il coraggio di Giampaolo Pansa sono encomiabili; è raro, infatti,incontrare una persona capace e determinata a ricercare la verità con onestà intellettuale, rigore scientifico e metodo analitico. Pansa, libero da pregiudizi e condizionamenti politici e sociali, riesce a scavare nei tragici giorni che datano la fine della seconda guerra mondiale e il periodo successivo caratterizzati in Italia da lotte fratricide intestine e dolorosissime. Mentre Placido e Galli Della Loggia discutono serenamente, Villari si ritiene depositario della verità assoluta, ostenta presunzione e arroganza , sbaglia clamorosamente e si giustifica implorando un lapsus. Fa una figura…anzi una figuraccia!…..Se l’ intenzione di Vespa era quella di mettere in difficoltà il docente universitario, c’è riuscito pienamente. Che lezione gli hanno dato quei tre ! La competenza e la serenità di giudizio di Galli della Loggia sono indiscusse, ma anche Placido che di mestiere fa l’ attore è stato incisivo e pertinente, accettando verità lampanti per lungo tempo oscurate, nascoste spesso volutamente, altre volte travisate. Il dibattito schiaccia inesorabilmente un maleducato Villari ed esalta la professionalità elegante e raffinata di Pansa. Evidentemente i Villari con la storia ne fanno una questione personale. In proposito mi viene alla memoria qualche ricordo . Ho avuto la fortuna di avere al liceo come insegnante di storia e filosofia un certo professore Paolino Costabile, alla cui scuola ho appreso l’ importanza della critica storica. Incline per natura alla ricerca della verità ad ogni costo ho fatto tesoro degli insegnamenti di Costabile per cercare il bello, il giusto e il vero sempre e dappertutto. All’ università, alla facoltà di scienze politiche il docente di storia adottava i testi di Rosario Villari, che non ho mai digerito, perchè spudoratamente di parte, bugiardi e densi di pregiudizi. Si tratta, quindi, di una malattia di famiglia. A me dispiace soltanto che i due fratelli storici Villari, Rosario e Lucio, siano calabresi della provincia di Reggio, anche perchè nei loro libri vengono soprattutto sacrificati, ignorati e maltrattati fatti e situazioni relativi proprio al nostro territorio. Sic transit gloria mundi !
La presunta ” verità morale”. Dal vangelo secondo Lucio Villari
ottobre 31, 2008 di mimmasuraci
Pubblicato su Attualità, Reggio Calabria & dintorni | Contrassegnato da tag calabresi, Costabile, Ernesto Galli della Loggia, Erodoto, film il sangue dei vinti, Giampaolo Pansa, il sangue dei vinti, Lucio Villari, Michele Placido, Porta a Porta, Reggio Calabria, ricerca storica, rigore scientifico, Rosario Villari, storie e filosofia, verità morale, Vespa | 10 commenti
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E’ un sasso che colpisce nel segno. Pansa mi ha, con la lettura dei suoi libri revisionisti, indotto a scriverne uno che da tempo avevo in mente. Su Pansa mi esprimo così: “So che in un certo momento della sua ricerca egli ha avuto l’occasione di avvalersi delle testimonianze di un mio caro amico, oggi scomparso, il veronese Livio Valentini, con il quale ho condiviso una comune battaglia. Se Pansa avrà incontrato altre persone come Livio, vuol dire che ha potuto conoscere un mondo fatto di gente pulita che non attendeva ne attende commiserazione condizionata né vendetta, ma semplicemente pretende il rispetto dovuto, e per questo non dimentica.”
Signora Suraci,
mi imbatto per caso sul Suo scritto a proposito di un dibattito a “Porta a porta”, presente L. Villari. A me non interessa intervenire sul comportamento, arrogante o ineducato che fosse, del Villari. Mi piace invece concentrarmi sul nocciolo della questione, che è particolarmente attuale di questi tempi: la questione dell’esistenza o meno di un “valore” (una “verità morale”, secondo quanto evocato da Lei) al di là dei fatti storici. Lei si sarà accorta che da anni (due anni son passati da quando Lei ha scritto) è in corso in Italia un’opera di demolizione sistematica di ogni valore. Per non allargare troppo il tema, evito di addentrami nelle cose (di sesso, di corruzione, di spregio di ogni regola) che coinvolgono politici, imprenditori e gente comune. Anch’esse, richiederebbero una riflessione sull’esistenza (o, se preferisce, sulla necessità) di difendere dei “valori” al di là dei fattacci (a modo loro anche “storici”) cui assistiamo ogni giorno. Mi limito percio’ al tema proposto dal Villari e da Lei commentato. Per fare un esempio lontano nel tempo, è chiaro che, a scavare, si puo’ sempre scovare il lato negativo di qualunque cosa, di qualunque uomo, di qualunque fatto storico: Garibaldi (che in alcuni casi ha fatto fucilare senza pietà), Mazzini (che ha suscitato a volte congiure inutilmente sanguinose), Cavour col suo cinismo, Vittorio Emanuele II, ecc. ecc. Cio’ significa forse che il Risorgimento in quanto liberazione dallo straniero, e l’unità nazionale (che pur penalizzo’ il sud) non costituiscono un “valore” al di là degli aspetti negativi? Idem per la Resistenza. Ha fatto bene Pansa a scrivere sul sangue dei vinti, che ho letto. Ma cio’ significa che tutto si equivale, vinti e sconfitti? Non è forse vero e positivo che quell’evento (che ci fosse Stalin o meno dietro i comunisti, ma c’erano anche cattolici e monarchici e liberali repubblicani), che quell’evento resistenziale ci ha evitato la terribile dittatura nazi-fascista e che quindi rappresenta un valore “al di là dei fatti storici”? C’è anche chi trova del buono in Hitler (per esempio, le vacanze gratuite), ma si puo’ negare che Hitler fosse un “disvalore” e che la “verità morale” è un’altra? E torno all’Italia, un Paese in cui si scambia la mancanza di punti fissi, l’indifferenza a tutto e l’incostanza con la libertà di pensiero e la rimessa in questione di tutto come amore per l’obiettività. In questo paese senza midollo in cui tutto si giustifica e tutto si perdona (dall’evasione fiscale alla sfacciata esibizione della corruzione pubblica) cresce la Lega che dell’obbiettività storica ha fatto lo strumento per demolire il Risorgimento e l’unità nazionale in chiave razzista. E, in nome dell’obbiettività, per dire che la “monnezza” napoletana è colpa dell’inciviltà napoletana e che la ‘ndrangheta della Sua Calabria proviene da una tara che si portano dietro i calabresi. Prenda la Francia: tutti sanno cosa è stato il Terrore. Ci sono anche li’ i Pansa che ne scrivono né contesto la libertà di scriverne. Ma s’immagina Lei un francese che metta in dubbio le fondamenta della Repubblica (che sono quelle della loro Rivoluzione) perchè il Terrore ha forse prodotto più crimini dell’Ancien Régime? Li’, la “verità morale” sta dalla parte della “République française” nata nel 1789. Idem per gli Stati Uniti. E che forse i loro eroi erano tutti esenti da pecche? Lincoln e la sua famiglia possedevano schiavi. Ma la verità morale “al di là” dei fatti storici è che Lincoln ha dato il via all’emancipazione (ma non per motivi umanitari). E Lei conosce un francese o un americano che dicono che il prima e il dopo si equivalgono, perchè cosi’ si è obbiettivi? E’ questo che secondo me dice Lucio Villari: c’è una verità etica che è al di sopra dei fatti storici e che è essenziale per il mantenimento di un’etica sociale (e, più terra terra, anche di una certa coesione nazionale). L’Italia è un edificio che va perdendo le sue fondazioni perchè non ha più “valori al di sopra”.
Non ho altro da aggiungere se non che anch’io a suo tempo ho studiato sul Villari (Rosario), che ho trovato un testo eccellente perchè metteva bene in luce i risvolti economici dei fatti politici e quindi anche la logica da cui gradualmente è scaturita la società moderna. Ho ripescato il libro dai miei scaffali e lo sto rileggendo con piacere.
Ho letto il commento di Lino Miconi che dimostra di avere tratto buon profitto della storia d’Italia secondo il racconto fatto da Villari e dagli altri storici di complemento. La mancata difesa sul piano del buon gusto di Villari, che evidentemente nemmeno Miconi si sente di difendere, non è tuttavia sufficiente a giustificare la mancanza di precisione nell’affermazione che “da anni è in corso in Italia un’opera di demolizione sistematica di ogni valore”. Forse Miconi non si è accorto che sono sessantacinque anni che quell’opera è in corso.
Miconi afferma che l’evento resistenza è vero e positivo anche se c’era Stalin o meno dietro i comunisti, in quanto c’erano anche cattolici e monarchici e liberali repubblicani. Di fronte a qualche decina di migliaia di persone rispettabili che sono gli oltre cinquanta milioni di vittime dello Stalinismo? Ma quale “verità morale” ci racconta? E quando parla del padre dell’emancipazione Lincoln che, pur avendo qualche schiavo, fu il promotore dell’emancipazione, senza ricordarsi dello sterminio delle popolazioni native che, neppure nella costituzione americana, trovarono dignità umana? Sono le verità morali a giustificare tutti gli olocausti della storia, anche quelli dei gulag, tranne quello orribile dei Lager nazisti da addebitare, per una distorta associazione anche al fascismo? Non furono delitti tutti da condannare le stragi di via Rasella, delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Esperia, di Schio e i bombardamenti della scuola di Gorla, di Dresda e gli olocausti di Nagasaki ed Hiroscima? Quale macabra distinzione fra massacri quella che ha portato tardivamente alla luce le fosse di Katin, per anni addebitate, nella consapevolezza di mentire, all’odiato nemico. Anche le foibe e quanti in Italia, e furono tanti e fra loro gli storici su commissione, le oscurarono volutamente, sono venute alla luce dopo che la verità storica era già stata proclamata sicché ogni revisionismo è inutile e da condannare.
Bruno Tomasich ha ragione. Tutti gli eventi da lui citati sono immorali: i massacri e i gulag di Stalin, quelli di Hitler, i delitti dei fascisti e dei partigiani, le foibe, Hiroshima, Dresda, lo sterminio degli indiani d’America ecc.ecc.ecc. E poiché si parlava del Risorgimento, aggiungo le esecuzioni da parte di garibaldini e piemontesi e tutto il resto. Cio’ non toglie che io (e quanti altri?) preferisco vivere nell’Italia post fascista che in quella fascista , nella Germania di oggi che in quella nazista, nei paesi d’Europa orientale di oggi che in quelli comunisti di ieri, nell’America di oggi che elegge Obama piuttosto che in quella dove si uccidevano i neri e gli indiani, nella Francia di oggi piuttosto che in quella di Luigi XVI, ecc. ecc. E, se restiamo al Risorgimento, preferisco vivere nell’Italia di oggi che in uno degli innumerevoli inconsistenti staterelli soggetti alle potenze europee e alla loro polizia. E’ questo il succo di quello che volevo dire. Rimane un valore superiore al di là dei fatti immorali o no? Non lo volete chiamare “valore” ? Chiamatelo come volete. Chiamatelo “risultato” oppure “cavallo”. In ogni caso, è un “risultato” che io preferisco alle situazioni anteriori. Certo, anch’io avrei preferito che vi si giungesse senza ammazzare nessuno. Questa continua (secondo un eufemismo di moda) “rivisitazione” di tutto e tutti, scambiata per intelligente ricerca, o è frutto di ingenuità, o è scambiare politica e religione, o è revisionismo sincero mirante a non trascurare i lati negativi che sempre esistono a fronte del risultato finale, o è un trucco per demolire tutto, ivi comprese le speranze. Abito dal 1972 nell’Europa del Nord, ho una consistente esperienza internazionale e non posso che rattristarmi per questa solita italica mancanza di punti fissi (le risse furibonde e continue, perfino all’interno di uno stesso partito o nei talk shows, evidenziano l’incapacità di intendersi su alcuni valori comuni – pardon- basi comuni). Una mancanza di punti fissi che fa dell’Italia, a dispetto della sua consistenza economica e demografica, un Paese che, politicamente parlando, conta poco o niente nei rapporti con gli altri Stati. Perchè non riesce ad esprimere una volontà, ma diecimila.
Lino Miconi
Per quanto mi riguarda mi sono posta nei confronti di qualsiasi situazione, narrata o vissuta con il beneficio del dubbio,perchè sono convinta che,come insegnava Erodoto, ad una sola verità corrispondono diverse sue interpretazioni. Ed io sono stimolata alla ricerca sempre e comunque della verità a qualsiasi costo, anche se essa può spesso far male.Rivisitare un fatto, un accadimento, un periodo storico più o meno lungo e importante non significa, però, soffrire di nostalgie; non significa allontanare nell’oblio verità scomode con mistificazioni e falsità;non significa persistere nell’ipocrisia omogeneizzata del pensiero omologato; vuol dire piuttosto avere coscienza e memoria, riconoscere realtà nascoste e cercare di fare tesoro degli errori precedenti per vivere l’attuale, qui e ora senza infingimenti. Solo da una presa d’atto consapevole e leale dei fatti realmente accaduti , e non mi riferisco solo al Risorgimento ma anche ad esso,nella loro complessità può nascere un confronto serio e costruttivo sul quale lavorare per un futuro e un presente che ci appartengano come italiani. Purtroppo l’alienazione delle nostre peculiarità non è una scoperta recente ma storia vecchia, anzi atavica : Dante, Machiavelli, Manzoni e poi Pirandello, Sciascia; Norman Douglas e Gustav Herling, solo per citar qualcosa, sono testimoni dell’incapacità dell’Italia di autogovernarsi e del suo atteggiamento servile nei confronti dello straniero per il quale non esita a denigrare sempre e comunque l’avversario politico interno in una condizione masochistica che fa della penisola una terra di nessuno della quale tutti possono abusare. Mimma Suraci
>—-Messaggio originale—-
Con quest’ultimo intervento della signora Soraci, eccoci passati dallo specifico al generico. Dove il generico è costituito dalla libertà di ricerca, che va difesa anche a costo di incontrare verità scomode (e come si fa a non essere d’accordo?). Lo specifico, invece, dal quale ci siamo a poco a poco allontanati, era un altro: l’esistenza o no di una “verità superiore”, detta cosi’ da Villari, ma che io, per non urtare suscettibilità, ho proposto di chiamare semplicemente “risultato preferibile alle situazioni precedenti”. Non mi pare difficile riconoscere l’esistenza di un tale “risultato preferibile” nelle situazioni date nel mio intervento del 4 aprile. E cio’ malgrado la legittima ricerca storica (ripeto: legittima) ne possa mettere in evidenza tutte le ombre. Continuo a pensare dal mio osservatorio “estero” che è proprio questa incapacità di noi italiani di superare lo stadio della (legittima) diatriba tra pro e contro per atterrare infine, sia pure dopo un milione di dibattiti, su un terreno di valori condivisi, a rendere l’Italia vulnerabile nei rapporti con gli altri Stati, come la signora Suraci lamenta. Si converrà che la libera ricerca storica esiste in Francia (si sa tutto sul Terrore) come in Germania (dove gli storici si flagellano tutti i giorni per il passato nazismo) ma li’ quasi nessuno mette in dubbio che ad eventi criminali sia fortunatamente succeduto, attraverso varie peripezie, un risultato eticamente (si’, eticamente) superiore. O no?
Lino Miconi
Di particolare e generale mi pare che si trattasse anche nei commenti precedenti, in quanto spesso le due dimensioni interagiscono. Se però vogliamo analizzare lo specifico di cui alla fattispecie iniziale, di fatto non è opportuno usare il termine di rivisitazione, vocabolo che a me peraltro non piace, quanto piuttosto la locuzione ” rigore scientifico”. Perchè è compito dello storico innanzitutto ricercare la verità e narrare fatti e accadimenti nella loro successione reale, e solo in un secondo tempo addentransi nella critica. Nel nostro Bel Paese è successo che la storia è stata sostituita dalla interpretazione degli accademici di turno, che hanno letteralmente ignorato fatti realmente accaduti perchè non graditi alla storiografia del pensiero unico, massificato e omologato al potere. E Villari purtroppo non sfugge a questa categoria. Se non si accetta la storia per tutto quello che è stato mancano le basi per una vera democrazia. Giustificare poi molti crimini in nome di una presunta verità morale a me riesce proprio incomprensibile e, così facendo, si rischia di inoltrarsi in un percorso pericoloso che porta al relativismo sofistico.Secondo me l’unico e fondamentale imperativo categorico che dovrebbe guidare il pensiero e i comportamenti degli umani, anche di quelli che decidono le sorti dei popoli, è il rispetto della dignità della persona umana sempre e comunque, a tutte le latitudini e longitudini.
Mimma Suraci
L’argomento affrontato è per me oltremodo stimolante perché richiama al dovere del dubbio, cosa per me interessante perché solo avendo assolto al dovere del dubbio si può costruire. Io sono un chimico che va per gli ottantadue. Essendo nato nel 1929 ed essendo cresciuto libero, ritengo di saper ottemperare alla necessità di avere, per i miei studi, rigore scientifico, oltre l’esperienza umana di avere vissuto momenti che mi raccontano diversi da quelli che io ho visto e toccato. E perciò mi indigno. Accolgo perciò con piacere il cortese invito della signora Suraci di ripensare la storia spogliandola però dell’ipocrisia del preferibile o del meno peggio ma semplicemente per quella che è stata.
Accolgo l’invito di Miconi di passare dal generale, e non dal generico, non tanto al particolare ma ai fatti, riandando a loro per viverli come una cosa nuova vista con la pienezza del presente.
Accettare il Vangelo di Villari, che a ma pare più che un professore un professionista della storia, o temere che prospettare una diversa lettura costituisca un tentativo di demolizione del risultato per Miconi preferibile, cosa che mi permetto di contestare nei fatti. Tanto per stare ai fatti parto da Obama, la scoperta del secolo.
Miconi preferisce “l’America di oggi che elegge Obama piuttosto che quella dove si uccidevano i neri e gli indiani, la Francia di oggi piuttosto che quella di Luigi XVI”.
Questa è una posizione strumentale e in quanto tale troppo generica ed ideologica, da immortali principi e per ciò stesso gli ultimi e definitivi, come ultima fu la costituzione americana. E allora scendiamo al particolare di Obama, il premio Nobel per la pace, sulla parola, che usa la sua, di parola, per convincerci a sganciare le bombe, furbescamente intelligenti e graziosamente democratiche, come lo fu la ghigliottina in Francia.
Non ho mai trovato un più intransigente assertore della verità assoluta che un neofita della democrazia, confusa con la libertà, mentre è solo un sistema politico che va giudicato per come si comporta ed è, secondo Aristotele, buono o cattivo in base ai suoi risultati.
Napoleone esportò i principi della rivoluzione francese ed importò i tesori italici che la Francia espone al Louvres di Parigi. Inghilterra, Francia e USA erano già democratiche quando ancora praticavano lo schiavismo che magari chiamavano “lavori forzati”. I capolavori italiani del Louvres
provenivano da quegli “innumerevoli inconsistenti staterelli” di cui era fatta l’Italia prima del risorgimento.
Quanto alla politica di Obama essa è nel solco storico dei suoi predecessori, come lo fu la politica di Bush solo che lui è più “abbronzato”. L’uranio impoverito che serve a sfondare i segni del potere di Gheddafy, i bunker e i carri armati, avvelena il territorio della Libia e sarà trasportato, questa volta meno intelligentemente, dal ghibli assassino nei polmoni degli africani del Nord.
E’ in fondo un risarcimento dei paesi della democrazia all’Africa, il paese più ricco del mondo dove i bambini muoiono di fame. L’Africa regala le sue ricchezze a tutti i paesi più “benestanti”, e Obama lo sa e finge di non saperlo, dimenticando la sua Patria e i bambini del suo paese. Non può farlo perché nel suo paese d’elezione non potrebbe fare il Presidente e ci vuol poco a scoprire perché.
L’Africa detiene il primato di produzione dei diamanti delle corone, dell’oro dei banchieri, del platino, dell’argento, nichel, rame, uranio, tantalio e tanti preziosi metalli di transizione. Ogni telefonino, computer, televisore, ogni moderna diavoleria tecnologica, il cosiddetto hitech, contiene dentro di sé un pezzo d’Africa, il più importante. E poi oltre l’oro che brilla c’è quello nero, si chiami esso petrolio, carbone o caffé. E poi il legno e le essenze pregiate per i profumi, e il cotone.
E a noi chiedono un euro per salvare un bambino, naturalmente attraverso un telefonino.
Guardiamo quanti bambini e quante donne scavano nelle miniere d’uranio. Perché in Africa non c’è stato nessuno che ha vietato lo sfruttamento del lavoro sulle donne e i bambini come fortunatamente per noi avvenne negli anni Trenta con la legislazione sociale fra le più avanzate del mondo? Chiamatela pure “nostalgia”!
Nessuno ha calcolato il costo, oltre quello umano naturalmente, di ciascuna di quelle bombe democratiche? O la crociera mediterranea di quelle potenti navi moderne, perfino a propulsione nucleare, che percorrono i nostri mari che un referendum ha denuclearizzato?
Quanti bambini affamati del mondo potrebbero essere sfamati con quei soldi rubati all’umanità? Forse la globalizzazione non ne trarrebbe vantaggio ma l’umanità certamente si.
E a proposito di guerra perché difendere la costituzione democratica quando si dimenticano i vincoli ideologici che l’incatenano a ripudiare la guerra per risolvere le controversie internazionali e sentirsi dare il via libera con argomentazioni da vocabolario per cui basta sostituire alla parola guerra il termine di “Peacekeaping per bombardare un paese straniero, E’ sufficiente l’assurdo ragionamento che con le bombe si difende la democrazia senza indicare alcuna proposta percorribile?
Io non sono d’accordo, come non fui d’accordo quando le persone che oggi condividono l’impresa bellicosa Sarkozy-Obama, tutt’altro che disinteressata e umanitaria, si schierarono con i carri armati sovietici che calpestavano il popolo ungherese.
E’ bene avere memoria sempre, anche quando si dibatte in Italia di prescrizione breve (perché i delitti non si possono prescrivere come le multe) e di processo breve. Noii avemmo con il Presidente e magistrato Scalfaro. esemplare modello di brevità per la richiesta di pena di morte: otto, di cui sette andate a buon fine, nel giro di pochi giorni, se non ore, di dibattimento. Le prove erano collettive e gridate, non so quanto vere ma vere furono quelle vite spezzate. Fra quelle la vita un giovane di diciotto anni, in un periodo in cui la maggior età si raggiungeva a ventuno anni. Ed altri avevano appunto quell’età: poco più che ventenni. Si erano votati alla morte ed alla sconfitta e per quello combattevano: perché ucciderli.
A che questa realtà imposta debba essere accettata acriticamente: io non ci sto!
Sono pronto a discutere nei particolari quanto si voglia e con gli argomenti di discussione che si vorranno scegliere
Ringrazio nuovamente la signora Suraci dell’opportunità offerta. A risentirci.
Posso rispondere a Tomasich in poche righe. Tutto (eticamente) giusto cio’ che egli dice, giusto e condivisibile al cento per cento. Il problema è che non esiste nè è mai esistito uno Stato, una tribu’, una qualunque comunità di uomini, nè in Europa, nè in America, né in Africa, che abbia mai realizzato i lodevolissimi ideali che impregnano lo scritto di Tomasich. Per cui, o si fa utopia, (o – se si vuole – religione), oppure si è costretti a tenere i piedi per terra e ad ammettere che la politica è l’arte del possibile. E il possibile che ci vien dato, almeno a noi che viviamo in queste regioni del mondo, è costituito da condizioni di libertà e democrazia, certo imperfette ma inconcepibili prima della disfatta dei due (o tre) ben noti totalitarismi. Cio’ significa che non si debba continuare a sostenere o a lottare per gli ideali proclamati da Tomasich? Certo che si deve. O significa che lo storico non debba ricercare la trave o il fuscello che si nascondono nel processo storico ? Certo che deve, se no che razza di storico è! Ma fatta la ricerca, io che storico non sono, mi sento di preferire di vivere qui ed ora piuttosto che li’ e ieri. Se Villari l’ha chiamata “verità morale” al di là dei fatti storici (suppongo che si riferisse alla Resistenza), io l’ho chiamata “risultato preferibile alle situazioni precedenti”. Non credevo che neanche quest’ultima innocente definizione fosse discutibile, nè sospettavo che ci fosse ancora qualcuno che preferisce una “situazione precedente” (quale?). Insisto e ripeto: il difetto eterno degli italiani è di fare le pulci a tutto (e non parlo degli storici, ché è un loro indiscutibile dovere professionale). Il che li (ci) rende privi di valori CONDIVISI, quindi fragili e insignificanti sul piano internazionale, come debbo con tristezza constatare da quasi quarant’anni che vivo a Bruxelles.
Lino Miconi
Forse ho vissuto, senza rendermene conto in una bella, per me, utopia ma era un momento in cui mi sono sentito orgoglioso di essere italiano e soprattutto libero e l’assicuro Dr Miconi, che erano più, molto più, del 50% gli italiani che non si sentivano oppressi in quel momento: Einaudi scriveva i suoi libri e li pubblicava, come Moravia, Gadda e Bontempelli; Croce era senatore come De Nicola, e Fermi insegnava ai littoriali e Ingrao scriveva le poesie al Duce e il giovane Napolitano scriveva sul giornale IX Maggio dei GUF e su Primato di Bottai.Io ero bambino ed avevo capito di vivere in un’Italia migliore e per quella ragione a quindici anni ho preferito essere ragazzo di Salò.
Aristotele a chi gli chiedeva se la democrazia fosse il regime migliore fra democrazia, oligarchia o aristocrazia e perfino tirannide, rispondeva che i regimi migliori si riconoscono da ciò che fanno. Per questo non condivido la sua identificazione della libertà con democrazia che sono cose ben diverse, anche se lei non è certo che i totalitarismi fossero due (o tre). Io dico invece che erano molto più di tre, anzi erano più i totalitarismi delle democrazie, e che a bombardare scrupolosamente e deliberatamente la scuola di Gorla fu una democrazia che prima delle bombe intelligenti praticava l’area bombing e ne fece sfoggio a Napoli, Roma S.Lorenzo, Frascati, Dresda e così via. Vogliamo ricordare il napalm e i defoglianti in Vietnam della più grande democrazia del mondo nel suo momento Kennedyano della Nuova Frontiera così annunciata:
“noi dobbiamo darci una potenza di rappresaglia nucleare non vulnerabile e di primo ordine. Dobbiamo contribuire alla stabilità politica ed economica delle nazioni dove sono situate le nostre basi vitali”.
Ma quale democrazia c’è nel mondo dove ci sono cinque potenze nucleari che reggono le sorti dell’ONU con il diritto di veto. I singoli popoli sono liberi se subiscono la dittatura di cinque potenze democratiche fra cui la Cina?
Mi basterebbe caro Miconi che lei rispondesse a questa domanda che non è affatto per fare le pulci ma per togliersi di dosso le pulci che altri ci hanno messo addosso proprio con la resistenza che lei, da quanto mi pare di leggere, giudica il risultato preferibile. Su questo risultato preferibile che Villari chiama valore potremmo discutere, se lo ritiene e vedere anche se e a cosa quel risultato fosse preferibile storia alla mano. Bruno Tomasich